06 settembre 2006

Casi limite: violenza aborto e maternità a 11 anni


In Colombia una ragazzina di undici anni, violentata dal patrigno e incinta, non riusciva a trovare un medico che, nel pieno rispetto della legge, la facesse abortire. Nella nostra cultura sembra scontato ricorrere all’aborto in un caso del genere. Si risponde immediatamente no a queste domande: Può una ragazzina undicenne essere madre? E può una donna che abbia subito una violenza sessuale, accettare la gravidanza frutto di quella violenza?

Ma perché siamo sicuri che a undici anni un aborto sia meno traumatico di un parto? Perché un figlio ci sembra immediatamente una iattura, una condanna a vita?
L’operazione istintiva che compiamo è di spostare il luogo dello scandalo, che non è più la violenza sessuale, ma la gravidanza. L’aborto ci consente di rimuovere lo stupro, ci illude di riparare il male, traslato nella vita che nasce.

Eugenia Roccella oggi su Il Foglio racconta "di una ragazza di Capoverde, abusata appena adolescente, e rimasta incinta. Per mantenere la sua bimba, la ragazza era venuta poi a lavorare in Italia, e la sua unica angoscia era che l’uomo che l’aveva violentata potesse un giorno illegalmente portargliela via. Non c’era nesso, per lei, tra la violenza subita e la figlia: la bambina era vissuta anzi come un risarcimento, un bene segreto e tutto suo, un recupero della dignità calpestata.
Per la nostra cultura invece la maternità precoce è diventata più scandalosa del sesso precoce, infinitamente più di un eventuale aborto. Si reclama la diffusione della pillola del giorno dopo nelle scuole come una conquista di civiltà, come se l’unica cosa in grado di turbare un’adolescenza spensierata fosse il rischio di concepire.
Però si continua a ripetere, come una litania in una lingua di cui abbiamo smarrito il senso, che l’aborto per la donna è un trauma. Ma chi, oggi, lo crede davvero? Chi davvero pensa che l’aborto sia una ferita fisica e simbolica, qualcosa che tocca profondamente il cuore dell’identità di genere?"

Link correlati: La favola dell'aborto facile. Miti e realtà della pillola RU 486

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Cerco di capire le sue buone intenzioni, difficilmente logiche, lontanamente scientifiche, semmai più “religiose”.
Ci sono una miriade di risposte alle sue domande: è vero che per “Madre Natura”, una donna è matura al momento delle mestruazioni, anche se così fosse, è anche vero che in questa società una ragazza a 11 anni è una BAMBINA.( con tutti i significati annessi). Tutto il resto non ha senso!

In secondo luogo: Lei, non tiene conto del fattore SCELTA. La bambina che ha subito violenza non ha scelto di diventare madre, il bambino che nasce è figlio di una violenza, di gia il nascituro non sceglie mai di venire al mondo, figuriamoci se è figlio di una violenza perpetrata ad una ragazzina di 11 anni. Tutto ciò si ripercuote sulla psiche della madre e del bambino.
Non dovrebbe essere difficile da comprendere…
Lei gioca sulla dicotomia fra “aborto e parto”, certo, normalmente il parto è un evento meraviglioso, il problema è che non tiene conto del contesto. In questo caso l’aborto è un “rimedio” contro la stupidità umana, in particolare contro la stupidità maschile.

Roberto Blarasin ha detto...

Cara anonima,
io non sono contro l'aborto. Sono a favore di una valutazione caso per caso. Per tale motivo credo che sia giusto cercare di comprendere realtà culturali differenti dalla nostra. La spiritualità e la religiosità sono fra queste. Il libro che cito, fra l'altro, non è di un uomo, ma di una donna. Anche per questo mi sembra molto interessante.

PS Ora vado a rispondere all'altro suo commento ;)