30 dicembre 2005

Stress e Resilienza: implicazioni per Depressione e Ansia

Depressione, Ansia, Stress, Resilienza.

L’impatto fisico e psicologico dello stress e della conseguente risposta dell’individuo che fallisce nell’adattarsi o nel mostrare resilienza.
Lo stress può essere definito come la conseguenza di una sfida emotiva, fisica o chimica (stressor) che richiede all’organismo di adattarsi o di sopportare un blocco una tensione fisica o mentale. Se lo stress è il risultato di un fallimento nell’adattarsi a una sfida (stressor), allora esso può essere una causa di malattia. Studi hanno indicato che lo stress può provocare cambiamenti a lungo termine in molti sistemi neurochimici.
La resilienza è la capacità di riprendersi da uno stress. Da un punto di vista genetico, la resilienza è definita come la qualità che previene gli individui che sono a rischio genetico di cattivo adattamento e psicopatologia dall’essere colpiti da tali problemi.
La vulnerabilità allo stress e la resilienza individuale sono fattori complessi che influiscono sul decorso di depressione e ansia.

Fonte: Medscape Psychiatry & Mental Health

29 dicembre 2005

Psicoterapia Psicodinamica dei Disturbi dell’Umore

Psicoterapia, Depressione, Ansia, Umore.

E’ assodato che la psicoterapia cognitivo-comportamentale è efficace nella depressione. Ma quanto efficace è una psicoterapia psicodinamica per depressione e ansia? E quali pazienti possono trarne beneficio?
Secondo uno studio recente la psicoterapia dinamica è utile nel trattamento della depressione, ma non più delle altre psicoterapie. Per depressioni gravi, la psicoterapia combinata con la farmacoterapia sembra essere indicata. Da un’altra prospettiva, pazienti che già assumono farmaci quando si impegnano in una terapia psicodinamica a lungo termine migliorano più lentamente. Il miglioramento è più lento anche nei casi di pazienti con disturbi di personalità associati. Si può affermare, quindi, che essere in cura farmacologica e avere un disturbo di personalità sono segni di relativa resistenza al trattamento.

Fonte: Medscape

28 dicembre 2005

Harry Potter protegge i bambini dalle ferite

I traumi fisici nell’infanzia sono un fattore significativo di mortalità e morbilità. Esiste una variabilità stagionale nell’incidenza delle ferite, che aumentano durante i periodi con le giornate più lunghe, il tempo caldo e le vacanze scolastiche.
Ebbene, secondo un studio pubblicato dal British Medical Journal, sembra che le uscite dei libri di Harry Potter riducano l’incidenza di ferite traumatiche nei bambini. Molto meglio del Wrestling, sicuramente.
Gli scrittori di talento dovrebbero scrivere libri di qualità con il proposito di prevenire le ferite dei bambini!
Chissà che la R.O.S.P.A. (Royal Society for the Prevention of Accidents) e il C.A.P. (Child Accident Prevention) non lo prendano in considerazione.

26 dicembre 2005

Comunicare con genitori di bambini prematuri

Pediatria, Gravidanza, Parto.

Secondo uno studio del Journal of Perinatology, condotto su genitori di bambini prematuri, nonostante il ruolo del pediatra neonatologo nell’educazione parentale sia importante, i genitori identificano le infermiere come la fonte primaria di informazione.

Fonte: Journal of Perinatology.

23 dicembre 2005

Ipnosi: definizione dell'American Psychological Association

Ipnosi, Ipnoterapia
(adattata dalla definizione di Ipnosi dell’AMERICAN PSYCHOLOGICAL ASSOCIATION - Division 30 - Psychological Hypnosis)

  • L’Ipnosi e’ una procedura durante la quale un medico o uno psicologo suggerisce che il paziente faccia esperienza di cambiamenti nelle sensazioni, percezioni, pensieri o comportamenti;
  • tali cambiamenti vengono usati dal sanitario nel trattamento psicoterapico per problemi psichici, oltre che nel trattamento del dolore e di molti problemi psicologici che emergono in campo medico e odontoiatrico;
  • il contesto ipnotico e’ generalmente stabilito mediante una procedura di induzione che puo’ essere fatta con tecniche dirette ("convenzionali" o comunque esplicitate) o indirette ("conversazionali" e di utilizzazione);
  • le persone rispondono all’Ipnosi in modi diversi. Alcune persone sono altamente responsive nei confronti delle suggestioni ipnotiche e altre sono meno responsive.
    La responsivita’ influisce sulla profondita’ della trance raggiunta dal soggetto ma non inficia un lavoro psicoterapico svolto con il modello ipnotico;
  • le persone che sono state ipnotizzate NON perdono il controllo sul loro comportamento.

In aggiunta al suo uso clinico la trance ipnotica viene usata nella ricerca con l’obiettivo di conoscere meglio la natura dell’Ipnosi di per sè, cosi’ come il suo impatto sulle sensazioni, percezioni, apprendimento, memoria e fisiologia.

21 dicembre 2005

Neuroscienze cognitive: la memoria emotiva

Memoria, Emozioni

Gli eventi emotivi hanno spesso uno stato privilegiato nella memoria. I neuroscienziati cognitivi hanno iniziato a chiarire i meccanismi psicologici e neurali alla base dei vantaggi ritentivi dovuti alle emozioni. L’amigdala è la struttura cerebrale che media direttamente gli aspetti dell’apprendimento emotivo e facilita le operazioni della memoria in altre regioni, inclusi l’ippocampo e la corteccia prefrontale. Le interazioni fra emozioni e memoria avvengono in vari stadi del processamento dell’informazione, dalla codifica iniziale e dal consolidamento delle tracce mnestiche fino al recupero a lungo termine.
Recenti sviluppi consentono nuove insights riguardo la riattivazione di associazioni emotive latenti e il richiamo di episodi personali del nostro passato.

Fonte: Nature Neuroscience

La paura inconscia influenza la consapevolezza emotiva di facce e voci

Paura, Coscienza, Processi inconsci

Il riconoscimento inconscio di espressioni facciali dimostra che due emozioni possano essere presenti insieme nel cervello, attraverso l’interazione di stimoli percepiti consciamente e inconsciamente.
E’ il risultato di uno studio condotto con un paziente con emianopsia e visione inconscia residua, attraverso la presentazione simultanea di espressioni facciali nel campo visivo intatto e nel campo visivo cieco e la misurazione del riconoscimento tramite attivazione del giro fusiforme, nell’amigdala e nel pulvinar (ad esempio, la congruenza emotiva tra stimoli visivi e uditivi aumenta l’attività dell’amigdala).
Lo studio dimostra che il riconoscimento della paura è prioritario e indipendente dalla consapevolezza. Ancor più importante, la paura inconscia dovuta al riconoscimento inconscio di un’espressione minacciosa rimane forte anche in concomitanza di espressioni facciali amichevoli o di una voce emotivamente amichevole della quale la persona sia consapevole.
Lo studio di come due emozioni possono essere insieme nel cervello, secondo me, può contribuire alla spiegazione del fenomeno della compresenza tipico dell'ipnosi.

Fonte: Proceedings of the National Academy of Sciences

15 dicembre 2005

Neuroscienze: il Fattore del Dolore Cronico

Dolore cronico, Diagnosi e terapia

La lesione dei nervi periferici attiva le cellule del midollo spinale chiamate microglia. Ma come fanno tali cellule a causare il dolore cronico che ne consegue? Sembra che esse rilascino una piccola proteina che interrompe la normale inibizione del segnale “dolore”.

Si chiama Fattore Neurotrofico Derivato del Cervello (BDNF). La scoperta potrebbe rappresentare un punto di svolta per diagnosi e cure dell'allodinia, percezione di un dolore dovuto a uno stimolo di per sè non doloroso.

Di norma sentiamo dolore in seguito a stimoli precisi sul nostro corpo. Gli stimoli dolorosi sono trasferiti da nervi periferici a nervi del midollo spinale che a loro volta li trasmettono al cervello, nei centri del dolore. Ma nei pazienti questa trasmissione è alterata, per cui ai centri del dolore arriva 'notizia' di stimoli che di per sè non sono affatto dolorosi. In questa alterazione intervengono cellule del sistema nervoso diverse dai neuroni, quelle che compongono la microglia. Ma i ricercatori finora non conoscevano i passaggi di questa trasmissione aberrante.

Il dolore cronico ha elevati costi sanitari e sociali e mancano tecniche diagnostiche precise, ciò che di fatto rende impossibile classificare il grado di malattia del paziente che lamenta dolore. Ma da oggi si potrà usare come riferimento la presenza di BDNF o altre molecole che si scopriranno coinvolte nella comunicazione tra microglia e nervi spinali. E' un bel passo in avanti.

Fonte: Nature, A Painful Factor

14 dicembre 2005

Fobia sociale e ormone della fiducia

Paura, Fobia sociale, Ossitocina

L’ossitocina, una sostanza chimica presente nel cervello, sembra favorire la fiducia riducendo l’attività e indebolendo le connessioni del centro della paura del cervello, l’amigdala.
I ricercatori hanno scoperto che nei soggetti che osservano immagini minacciose si innesca una forte attivazione dell’amigdala, ma anche che l’ossitocina attenua la comunicazione dell’amigdala con le altre regioni del cervello coinvolte nel meccanismo della paura.

Lo studio contribuisce a delineare il funzionamento neurofisiologico di malattie che coinvolgono la paura sociale, come fobia sociale, autismo ed eventualmente schizofrenia.
Dal mio punto di vista, dato che l’ipnosi agisce sull’amigdala, sarebbe interessante far osservare immagini minacciose a soggetti in trance ipnotica, magari durante suggestioni di fiducia e di protezione.

Fonte: Lindenberg et al., Journal of Neuroscience

06 dicembre 2005

I fibrili dell'Alzheimer in 3D

Demenze, Alzheimer

Un gruppo di ricercatori californiani e svizzeri in collaborazione ha risolto la struttura tridimensionale delle lunghe fibre che si accumulano nel cervello dei pazienti che soffrono del morbo di Alzheimer. La struttura rivela che le proteine che costituiscono i fibrili si legano l'una all'altra in maniera simile alle cerniere lampo.

"Adesso che siamo in grado di comprendere a livello atomico come si formano questi fibrili, - commenta Roland Riek del Salk Institute, principale autore dello studio - potremo sviluppare un test con un biomarcatore per diagnosticare il morbo di Alzheimer ai primi stadi, e magari anche nuovi farmaci per la sua cura".

La risoluzione della struttura dei fibrili potrebbe fornire indizi anche su altri disturbi degenerativi del cervello, come il Parkinson e la malattia di Creutzfeld-Jacob, dove i fibrili si sviluppano in seguito a cambiamenti errati nella forma strutturale delle proteine cerebrali.

Fonte: Proceedings of the National Academy of Sciences

05 dicembre 2005

Disturbi dell'Alimentazione, Condotte compensatorie

Le condotte di eliminazione (purging) - in particolare il vomito indotto -possono far parte di un disturbo separato rispetto alla bulimia, secondo una ricerca pubblicata nell’ International Journal of Eating Disorders.

Le pazienti con tale disturbo vomitano spesso ma non si abbuffano. Le interviste cliniche standardizzate per l’anoressia e la bulimia possono non individuare queste pazienti, perché esse sono di peso normale e non riportano episodi di abbuffate.
“Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV) – spiega la Dott.ssa Pamela Keel - la bulimia è caratterizzata dalle abbuffate, mentre le condotte compensatorie rientrano nella categoria del ‘Disturbi dell’alimentazione Non Altrimenti Specificati’. Tuttavia, ricerche recenti suggeriscono che il disturbo da condotte compensatorie possa essere più comune dell’anoressia e della bulimia considerate insieme. Inoltre le condotte compensatorie hanno conseguenza mediche gravi ed è imporante identificare questi pazienti”.
Secondo la ricerca, le donne con condotte compensatorie, sebbene mostrino un grado simile di gravità del disturbo alimentare, una immagine corporea disturbata e un comportamento alimentare rigidamente ristretto, presentano meno impulsività verso il cibo, meno impulsività in generale, meno fame e minore disinibizione alimentare. Non varia il tasso di remissione rispetto alla bulimia.

Fonte: International Journal of Eating Disorders, Novembre 2005

Disturbo maschile dell'erezione, Impotenza

Disturbo dell'erezione, Impotenza

Più della metà (63%) degli uomini che richiedono una terapia per un disturbo dell’erezione hanno uno o più disturbi psicologici associati, secondo uno studio condotto in Grecia dal Dr. Dimitrios Mallis e pubblicato sul Journal of Urology.
I disturbi psicologici più frequenti sono disturbo depressivo (25%), disturbo d’ansia (quasi il 12%), disturbo depressivo ansioso (7%), disturbi di personalità (6%), disturbo psicotico (4%) e il 10% rimanente con “altri disturbi”.
La durata e la gravità del disturbo dell’erezione non sono indici della probabilità di avere anche un disturbo psicologico né della gravità dei sintomi depressivi. Gli uomini che discutono del disturbo con il partner hanno sintomi depressivi meno gravi di chi è single.

Fonte: Journal oh Urology, Novembre 2005

04 dicembre 2005

Il contatto visivo fra neonati e genitori



Negli ultimi tre mesi del loro primo anno di vita, i neonati apprendono un compito estremamente importante per le interazioni sociali. Imparano infatti a seguire la direzione dello sguardo di un adulto, un passo che gli scienziati ritengono fondamentale per la comprensione del linguaggio. I neonati più abili a seguire lo sguardo altrui prima del loro primo compleanno, infatti, sono anche in grado di comprendere un numero quasi doppio di parole una volta raggiunti i 18 mesi di età.

Tre anni fa, i ricercatori Rechele Brooks e Andrew Meltzoff dell'Università di Washington avevano dimostrato che i bambini di 12-18 mesi guardano più facilmente verso un oggetto se un'altra persona si volgeva verso esso con gli occhi aperti anziché con gli occhi chiusi. "I bambini - commenta Brooks - imparano presto a guardare nella direzione in cui guarda un adulto. Non è un compito facile, specialmente in casa, dove ci sono molte distrazioni. Abbiamo scoperto che a nove mesi i bambini cominciano a farlo seguendo il movimento della testa. A dieci-undici mesi, seguono sia la testa che gli occhi. Gli occhi aggiungono un'informazione importante, e i bambini seguono la testa più facilmente se gli occhi sono aperti".

Fonte: http://www.uwnews.org/article.asp?articleID=13382

03 dicembre 2005

Prima cena dei bloggers marchigiani

Leggete il post su Blablog.

29 novembre 2005

Uomini e donne e umorismo

E’ opinione comune che donne e uomini reagiscono in maniera differente alle stesse battute. Da tempo gli studiosi erano alla ricerca di una base neurologica per queste differenze, ma senza successo. Nel 2003, Allan Reiss dell'Università di Stanford aveva scoperto che durante la lettura di una vignetta comica, il centro della ricompensa del cervello si attivava. Ora Reiss e colleghi hanno deciso di scoprire se questa parte del cervello si comportasse in modo differente negli uomini e nelle donne. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences".

In risposta alle vignette divertenti, entrambi i sessi hanno sperimentato un'attività simile nelle regioni del cervello che elaborano il linguaggio e la semantica. Ma le aree che gestiscono processi analitici come la memoria o il pensiero astratto sono risultate più attive nelle donne, suggerendo un approccio più critico verso la vignetta. Anche il sistema della ricompensa si è attivato maggiormente nelle donne, mentre negli uomini si osservava un calo di attività quando risultavano poco soddisfatti dalla gag.

Secondo Reiss, questo potrebbe indicare che gli uomini si attendono che le vignette siano divertenti e rimangono delusi quando le battute non fanno ridere. Le donne, invece, non si aspettano inizialmente di dover ridere, come se pensassero "non è divertente finché non dimostra di esserlo", e pertanto ricavano maggior piacere dalle battute meglio riuscite. Reiss è convinto che apprendere come le donne elaborano gli stimoli emozionali, come l'umorismo, potrebbe aiutare a capire perché esse siano più suscettibili di depressione.

28 novembre 2005

Bambini trascurati e sviluppo cerebrale

I bambini gravemente trascurati durante l’infanzia portano con sé un “fardello” fisiologico negativo per anni, anche dopo essere stati inseriti in un ambiente amorevole. Uno studio delle loro risposte ormonali, apparso nei Proceedings of the National Academy of Sciences e segnalato da Nature, mostra che i loro cervelli sono meno equipaggiati degli altri bambini per ciò che riguarda la fiducia e l’instaurazione di legami sociali

I risultati suggeriscono che l’abbandono nella prima infanzia può avere effetti duraturi, interferendo con lo sviluppo di sistemi cerebrali cruciali nella regolazione degli ormoni. Gli ormoni in questione sono il cosiddetto “ormone della fiducia”, cioè l’ossitocina, il quale favorisce l’instaurarsi dei legami sociali negli umani e il cui rilascio è stimolato, ad esempio, da un abbraccio; e la vasopressina, che aiuta gli animali nel riconoscersi e legarsi.

Ciò non significa che la differenza con gli altri bambini sarà permanente: ogni bambino potrà crescere e sviluppare risposte sociali normali col tempo. Il messaggio, secondo uno degli autori dello studio, è che “i bambini hanno realmente bisogno di essere in famiglia”.

Fonte: Wismer-Fries A., Ziegler T., Kurian J., Jacoris S.& Pollak S. . Proc. Natl Acad. Sci., 102. 17237 - 17240 doi: 10.1073/pnas.0504767102

30 ottobre 2005

L'aborto voluto non aumenta il rischio di depressione

Fra le donne con una gravidanza non desiderata, coloro che portano avanti la gravidanza sono più a rischio di sviluppare, in seguito, una depressione, rispetto a coloro che scelgono l'interruzione tramite l'aborto. Questo studio contraddice la convinzione che interrompere una gravidanza non desiderata aumenti il rischio di depressione, in particolare nelle donne giovani.
Gli autori della ricerca concludono: "Dallo studio emerge anche che, se l'obiettivo è ridurre il rischio di depressione, la ricerca dovrebbe focalizzarsi su come intervenire per migliorare l'accudimento di un bambino non voluto, in particolare in donne giovani.

Fonte: Sarah Schmiege, from the University of Colorado in Boulder, and Nancy Felipe Russo, from Arizona State University in Tempe (28 ottobre 2005).

Stress precoce collegato a successivo declino mentale

Un breve periodo di stress psicologico nell'infanzia può condurre a deficit di apprendimento e di memoria e a un declino nelle abilità cognitive nell'età adulta. Lo studio, condotto finora solo negli animali, è il primo che dimostra che uno stress emotivo precoce può portare a un "cambiamento nella struttura dei neuroni che impediva l'aumento della trasmissione neuronale, come di solito avviene durante il normale processo di apprendimento". Questi deficit nella comunicazione cellulare sono localizzati nell'ippocampo - una regione del cervello coinvolta nell'apprendimento, nell'immagazzinamento e nel richiamo di memorie apprese.

Fonte: Dr. Tallie Z. Baram of the University of California, Irvine, and colleagues, Journal of Neuroscience

18 ottobre 2005

Depressione: effetto duraturo della psicoterapia cognitiva

Ricercatori della Vanderbilt University e della Pennsylvania University hanno condotto uno studio per valutatare se l’effetto della psicoterapia cognitiva fosse duraturo e per confrontare tale effetto con quello prodotto dal trattamento continuativo con il farmaco antidepressivo.

I pazienti che avevano terminato la psicoterapia cognitiva hanno presentato una minore probabilità di ricadute rispetto ai pazienti che avevano sospeso il trattamento farmacologico ( 30% contro il 76%), e nessuna maggiore probabilità a recidivare rispetto ai pazienti che erano rimasti in trattamento continuativo ( 30% contro 47%).

I dati di questo studio hanno indicato che la psicoterapia cognitiva ha un effetto duraturo, che si estende oltre il termine del trattamento, con un’efficacia pari o maggiore rispetto a quella dei pazienti che assumono farmaci antidepressivi.

Fonte: Hollon SD et al, Arch Gen Psychiatry 2005; 62: 417-422

Roberto Blarasin

17 ottobre 2005

Superare la depressione

Due sono le principali forme di trattamento: psicoterapia e farmaci antidepressivi. Sebbene entrambi siano importanti e efficaci, i farmaci, per varie ragioni, tendono a essere più popolari. Tuttavia, l'approccio combinato è quello che la maggior parte degli esperti raccomanda.
I farmaci fanno bene due cose, essenzialmente:
  • aiutano a controllare i sintomi fisici (vegetativi), come sonno e appetito;
  • aiutano ad innalzare un pò il livello dell'umore, in modo che le persone non cadano in una profonda disperazione.

E' bene, tuttavia, essere realistici. Pensare che i farmaci possano essere la sola forma di trattamento sovrastima la loro efficacia e suggerisce che il problema sia interamente nella biologia, e non nelle circostanze. I farmaci possono essere efficaci ma, a prescindere dai possibili effetti collaterali, non possono fornire alle persone:

  • migliori abilità di problem-solving;
  • migliori abilità di affrontare situazioni difficili;
  • più chiare abilità cognitive;
  • positive abilità relazionali;
  • una rete amicale di supporto.

La psicoterapia può insegnare alle persone le abilità necessarie per ridurre e prevenire la depressione. Queste abilità includono:

  • pensare in modo chiaro (come viene insegnato nelle terapie cognitive);
  • comportarsi in modo efficace (come viene insegnato nelle terapie comportamentali);
  • relazionarsi positivamente a se stessi e agli altri (come viene insegnato nelle terapie interpersonali);
  • ridurre la vulnerabilità alle ricadute.

Nonostante buone terapie siano disponibili, la maggior parte delle persone depresse non cerca aiuto. Soffre, invece, in silenzio, combattendo duramente per arrivare al giorno dopo. Cercare l'aiuto di professionisti qualificati con lo scopo di diventare esperti nell'imparare a gestire la propria atmosfera interiore (sentimenti, umore, reazioni) è la strada migliore per superare la depressione.

15 ottobre 2005

Segni e sintomi della depressione

Non esiste un test specifico per la diagnosi della depressione (come le analisi del sangue e le immagini cerebrali). Esistono però diversi segni e sintomi sui quali psicologi e psichiatri generalmente concordano. Un colloquio clinico è considerato ancora il mezzo più affidabile per determinare se una persona è depressa.

Due domande sono particolarmente importanti. La risposta affermativa a una o a entrambe può suggerire che la persona è già depressa o è a rischio di diventarlo:
  1. Ti sei sentito giù, depresso, triste nell'ultimo mese e oltre?
  2. Hai perso interesse o hai smesso di provare piacere nel fare le cose che normalmente ti interessano o ti piacciono?

Se la vostra risposta ad una o a entrambe le domande è "sì", spero che farete l'importante passo di rivolgervi subito ad uno psicologo.

I segni e i sintomi della depressione possono essere raggruppati secondo la dimensione dell'esperienza che colpiscono. Nessun sintomo o gruppo di sintomi definisce la depressione, questo è il motivo per cui l'esperienza della depressione differisce in certa misura da persona a persona. La seguente è una lista generale (non completa) dei sintomi:

Sintomi fisici:

  1. disturbi del sonno
  2. disturbi sessuali
  3. mancanza di energia
  4. disturbi dell'appetito

Sintomi emotivi:

  1. sentirsi tristi la maggior parte del tempo
  2. sentire di non poter essere aiutati
  3. sentire di non avere speranza che le cose migliorino
  4. ansia
  5. perdita della capacità di provare piacere
  6. sensi di colpa inappropriati o eccessivi

Sintomi sociali:

  1. isolamento, ritiro dalle persone e dalle situazioni sociali
  2. perdita di interesse verso attività sociali che prima ci coinvolgevano
  3. irritabilità, frequente tendenza a rispondere male alle persone senza un buon motivo

Sintomi cognitivi:

  1. problemi di concentrazione
  2. problemi di memoria
  3. pensieri di morte e di suicidio
  4. indecisione, ruminazione mentale
  5. pensiero negativo trasversale alle situazioni

Sintomi comportamentali

  1. comportamento di evitamento
  2. comportamento autodistruttivo
  3. abuso di alcol e droga

I sintomi della depressione possono variare da persona a persona. Il punto chiave è comunque come voi vi sentite in relazione alla qualità della vostra vita. Se non siete soddisfatti della vostra vita, forse è (e forse non è) depressione. Ma aspettare che le cose migliorino da sole non è l'opzione migliore. Intraprendere azioni positive è meglio.

11 ottobre 2005

Indice

ADHD:
Autismo:
Coppia (vita di; problemi di):
Coscienza e Processi Inconsci:

Demenze:
Depressione:

Disturbi d'ansia:

Differenze di genere:

Disturbi dell'Alimentazione:

Disturbi sessuali:

Dolore:

Esercizio, Attività fisica:

Etica:

Farmaci:

Fobia sociale:

Gravidanza, Parto:

Ipnosi:

Malattie infiammatorie croniche dell'intestino:

Memoria, Emozioni:

Percezione e Interpretazione:

Psicoanalisi:

Sentimenti:

Sonno, Coscienza , Apprendimento:

Stress:

Sviluppo:

Videogiochi:

Curiosità su questo blog:



Depressione 1. Introduzione

La depressione è uno dei disturbi psicologici più studiati. L'enorme mole di letteratura scientifica riguardo l'evoluzione della depressione ci aiuta a capire come si sviluppa, quanto è comune, come colpisce le persone e cose serve per superarla. Ecco alcune delle cose che siamo arrivati a sapere riguardo la depressione.

La depressione:
  • chiamata anche "depressione maggiore" o "depressione unipolare", NON è la stessa cosa del "disturbo bipolare", chiamato anche "disturbo maniaco-depressivo", anche se entrambi appartenenti ai disturbi dell'umore.
  • è il disturbo dell'umore più comune al mondo.
  • è attualmente la quarta causa di disabilità (dopo problemi cardio-vascolari, cancro e incidenti automobilistici) secondo l'Organizzazione Mondiale per la Salute; le previsioni indicano che nel 2020 sarà la seconda causa di disabilità.
  • NON è dovuta solo a fattori biologici, nonostante la credenza troppo diffusa che sia il risultato di un "cattivo corredo genetico" o di uno "squilibrio chimico" al cervello.
  • è causata da molti fattori, alcuni biologici, altri sociali, altri ancora psicologici; non è causata da un solo fattore o evento.
  • è in aumento in ogni fascia d'età, ma più comunemente nella fascia fra i 25 e i 45 anni.
  • è in aumento più rapido fra bambini e adolescenti.
  • viene trasmessa da genitori depressi ai propri figli in larga parte attraverso il modo di interagire.
  • è contagiosa, non in senso virale, ma in senso sociale; "l'umore" è contagioso.
  • è diagnosticata più spesso nelle donne che negli uomini e in alcune culture più che in altre.
  • è vissuta in modo differente da invididuo a individuo, sebbene vi siano molte caratteristiche comuni (segni e sintomi).
  • è complicata dalla presenza di problemi coesistenti, ad es. l'ansia.
  • risponde positivamente a buone terapie che enfatizzano lo sviluppo attivo di nuove abilità.
  • è più probabile che vi siano ricadute se non adeguatamente trattata.

10 ottobre 2005

L'importanza dei sensi del nostro corpo

L'interpretazione delle azioni e delle aspettative di un'altra persona dipende in larga parte dall'attivazione delle aree motorie del cervello. I sensi del nostro corpo, cioè, sono indispensabili per comprendere le azioni degli altri.

Ciò è emerso molto chiaramente in una ricerca pubblicata sul numero di ottobre della rivista "Nature Neuroscience" da Knoblich e colleghi, i quali hanno potuto effettuare esperimenti grazie alla collaborazione dei due soli individui noti al mondo il cui senso del tatto e dei movimenti corporei è completamente cancellato a causa di una malattia degenerativa (deafferenzazione tattile selettiva e completa dovuta a neuronopatia sensitiva). I due pazienti sono incapaci di percepire il proprio corpo e devono essere in grado di vederlo anche per compiere azioni molto semplici, come stare in piedi. Nelle prove sono stati in grado di stimare il peso degli oggetti presentati ma di non di valutare le aspettative della persona che li sollevava (cioè se la persona osservata si fosse trovata a sollevare un oggetto più o meno pesante del previsto).

08 ottobre 2005

IBD

Ho poco tempo per scrivere oggi, ma posso segnalarvi un post coraggioso su Interiormente. Grazie.

06 ottobre 2005

Coniato un Nuovo Termine: PsicoBlogo

Una curiosità su questo blog.

Cercando "psicoblogo" tramite i maggiori motori di ricerca (come potete vedere nei tre esempi seguenti: Virgilio, Yahoo, Google), risulta che la parola compare solo nei miei blog (Blablog e Psicoblog).

Abbiamo coniato un nuovo termine e quindi mi sento in diritto e in dovere di indicarne il significato. ;-)

Ho iniziato a utilizzare la parola "psicoBlogo" (prima sul Blablog - agosto 2005 - e poi sullo Psicoblog) per distinguere i miei contributi che appaiono sul web dalla mia qualifica professionale di psicologo e per avere una precisa identità sul web. Nella veste di PsicoBlogo pubblico contenuti di psicologia in modo informale. In altri termini, condivido in modo informale i miei interessi psicologici.

Azzardiamo un possibile ampliamento del significato:
(estens.) psicologo che, attraverso il proprio blog, condivida i propri interessi psicologici in modo informale.

Aiutatemi tramite i commenti a definire meglio il termine. Grazie.

Ah, attenzione alla pronuncia: psicòblogo (come psicòlogo). ;-)

Se siete interessati agli altri risultati delle ricerche in data odierna (6 ottobre 2005) cliccate qui: archivio.



05 ottobre 2005

L'innamoramento NON è una nevrosi.

Dialogando con Maurizio Costanzo, Francesco Cossiga dichiara la sua convinzione che "l'innamoramento è una nevrosi". In questi giorni mi è stato chiesto un parere in merito. Ho risposto che NON sono d'accordo. Sono molte le ragioni per le quali non sono d'accordo, ma qui non vorrei parlare delle mie obiezioni, bensì delle obiezioni della comunità scientifica.

Come forse qualcuno di voi sa, la prestigiosa Harvard University assegna ogni anno i prestigiosi premi igNobel (che si pronuncia come "ignoble" ovvero ignobile, disonorevole). Ebbene, nell'albo d'oro degli igNobel, cioè delle peggiori ricerche dell'anno, compare anche un prestigioso psichiatra italiano, Giovanni Cassano, che nel 2000 ricevette il riconoscimento per aver scoperto che, dal punto di vista biochimico, l'innamoramento è identico ai disordini compulsivo-ossessivi. La ricerca si intitola "This Thing They Call Love" (Questa cosa chiamata amore) ed è registrata negli Annali delle Ricerche Improbabili.

Credo di non dover aggiungere altro.

Il board degli IgNobel cura anche un blog molto interessante, in cui potrete trovare le ricerche che prima fanno ridere, poi fanno pensare: Improbable Research.



30 settembre 2005

Apprendimento? Dormici Sopra!

Come abbiamo visto nel post precedente (Come nasce la coscienza?) la coscienza si smorza, durante il sonno profondo, perché la aree cerebrali non comunicano fra loro. Eppure i livelli dell'attività neurale sono uguali o maggiori rispetto alla veglia. Come significa ciò?

Le regioni del cervello associate all'apprendimento mostrano un aumento di attività nelle persone che dormono dopo aver passato la serata ad approfondire una nuova capacità (Fonte: Huber et al. Local sleep and learning. Nature. 2004 Jul 1). Ciò dimostra che il sonno è prezioso per consolidare nuove informazioni e non costituisce semplicemente una modalità di "standby".

Sono stati misurati i segnali elettrici del cervello in soggetti che avevano giocato con un semplice videogame prima di andare a dormire (questo può interessare il nostro Frunti). Durante il sonno, nei soggetti che avevano imparato il gioco, una particolare regione del cervello nella parte superiore dell'emisfero destro mostrava maggiore attività del normale. L'effetto non era presente in coloro che non avevano giocato per la prima volta, il che dimostra che il sonno agisce sui circuiti cerebrali che durante il giorno sono stati cambiati, e non su quelli che sono stati semplicemente usati. Inoltre, le persone con maggior attività cerebrale notturna tendono ad ottenere migliori prestazioni la mattina dopo.

Riassumendo:
  1. La coscienza si spegne quando le aree del cervello non comunicano fra loro;
  2. Le aree che hanno imparato qualcosa durante la veglia (coscienza attiva) si attivano singolarmente durante il sonno (coscienza disattiva) per organizzare ciò che hanno imparato.




Come Nasce la Coscienza?

La coscienza dipende dall’abilità del cervello di integrare informazione. La dimostrazione puntuale di questa ipotesi arriva da un lavoro di ricercatori italiani alla University of Wisconsin-Madison (i nostri migliori cervelli sono all'estero, chissà perché?!) pubblicato sulla rivista Science. La scoperta non si limita a far luce sulle basi neurologiche del pensiero cosciente, ma potrebbe contribuire allo sviluppo di nuovi strumenti diagnostici e terapeutici contro malattie psichiatriche che colpiscono la coscienza, come la schizofrenia.

“Il sonno è la più familiare alterazione della coscienza – ha dichiarato Tononi – accade ogni notte a tutti noi: ogni notte, quando cadiamo nel sonno profondo la nostra coscienza si smorza”. Questo avviene soprattutto nella prima parte della notte mentre nell’ultima parte prevale il sonno “leggero” in cui sogniamo (fase REM), che può essere associato a esperienze coscienti. Ecco perché i ricercatori hanno deciso di concentrarsi sulla fase di sonno profondo.

In pratica ciò che sembra temporaneamente spento durante il sonno profondo è la capacità delle varie aree del sistema nervoso centrale di interconnettersi l’una con l’altra; ciò va a supporto dell’ipotesi di Tononi secondo cui la coscienza si basa sull’abilità del cervello di integrare l’informazione. In altri termini si potrebbe dire che la coscienza sorge quando varie regioni del cervello parlano tra loro.

Fonte: Massimini M et al. Breakdown of cortical effective connectivity during sleep. Science 2005;39

29 settembre 2005

Gli Uomini e le Donne sono Meno Diversi di quanto si creda

I media ritraggono uomini e donne come due popolazioni psicologicamente molto diverse, ma queste differenze sono ampiamente sovrastimate e i due sessi sono in realtà molto più simili - in personalità, comunicazione, abilità cognitive e capacità di leadership - di quanto si ritenga. Soltanto nel comportamento motorio, in alcuni aspetti della sessualità e nell'aggressività fisica sono state rilevate differenze legate al sesso. Le differenze sembrano inoltre dipendere dal contesto in cui vengono misurate. Lo sostengono i risultati di 46 meta-analisi condotte nel corso degli ultimi 20 anni.
E' fondamentale sottolineare che i bambini soffrono le conseguenze dell'esagerazione con cui vengono promosse queste differenze. Secondo molti pregiudizi, per esempio, i bambini maschi vanno meglio in alcune materie - come la matematica - rispetto alle femmine. La meta-analisi ha invece rivelato che i due sessi ottengono prestazioni simili, ma le diverse aspettative di genitori e insegnanti possono influenzare l'autostima e i risultati degli alunni.

L'autore: Janet Shibley Hyde, "The Gender Similarities Hypothesis". American Psychologist, Vol. 60, No. 6 (2005). Se volete leggere l'articolo completo in inglese cliccate qui: The Gender Similarities Hypothesis.