31 gennaio 2006

Attività fisica, Esercizio moderato per 30 minuti


L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) afferma che lo stile di vita sedentario è una delle 10 maggiori cause di morte, malattia e disabilità. Circa 2 milioni di morti ogni anno sono attribuibili alla mancanza di attività fisica. L’inattività fisica raddoppia la probabilità di malattie cardiovascolari, diabete di tipo II e obesità e aumenta il rischio di cancro al colon e al seno, di pressione alta, osteoporosi, depressione e ansia.
Le buone notizie giungono dal forum “Attività fisica: principio di salute”, tenutosi ieri a Torino. Gli esperti consigliano 30 minuti di esercizio moderato al giorno. Ad esempio 30-45 minuti di giardinaggio, mezz’ora di ballo, 15 minuti di scale oppure tre chilometri di camminata compiuti in mezz’ora (questi ultimi, in particolare, equivalgono a 15 minuti di pallacanestro o di salto della corda, a 20 minuti di nuoto e a mezz’ora di acquagym).

25 gennaio 2006

L'emozione amplifica la memoria di eventi neutri precedenti

Gli eventi emotivamente significativi hanno un posto privilegiato nella memoria, probabilmente a causa della particolare attenzione che su tali eventi poniamo.
Secondo uno studio recente, esiste un intervallo critico, dopo un accadimento, all’interno del quale l’attivazione emotiva deve verificarsi, affinché la memoria di quell’accadimento possa essere amplificata. Coloro che hanno partecipato all’esperimento, infatti, ricordavano meglio dei volti neutri o delle case visti in fotografia, se seguiti, entro un certo intervallo successivo, da scene emotivamente attivanti.
L’attivazione emotiva agisce specificamente sul richiamo cosciente, più di una discriminazione basata sulla familiarità. Inoltre, nessuna amplificazione retrograda è stata riscontrata nel caso di foto seguite da scene altamente memorabili ma non emotivamente attivanti.

Questi studi indicano che l’attivazione emotiva (dopo la codifica dello stimolo) gioca un ruolo importante nel migliorare il consolidamento della memoria episodica.

Fonte: Proceedings National. Academy of Sciences

24 gennaio 2006

I farmaci antidepressivi SSRI possono avere effetto sul sistema immunitario

I farmaci antidepressivi che agiscono sul neurotrasmettitore serotonina (SSRI) possono coinvolgere il sistema immunitario in modi non ancora conosciuti, secondo una ricerca del Georgetown University Medical Center e del Robarts Research Institute in Canada. Questo in relazione alla scoperta che la serotonina viene trasferita velocemente fra le cellule del sistema immunitario (in modo simile alla trasmissione tra neuroni) e specificamente utilizzata per attivare alcune risposte immunitarie.

“La novità è - afferma Gerard Ahern, Ph.D. - nella rivelazione di una potenziale comunicazione, legata al trasmettitore serotonina, fra cellule del sistema immunitario. Comunicazione riscontrata di solito solo fra i neuroni. (…) Fino ad ora si è creduto che le cellule del sistema immunitario comunicassero soltanto attraverso il contatto fisico; esse invece possono assorbire e rilasciare serotonina come trasmettitore.”

Fonte: Medical Research News, 23/01/2006

Giucas Casella: da non confondere con l'Ipnosi

La RAI permette che il pubblico associ lo show di Casella all'ipnosi.

"Ciò che è avvenuto ieri – hanno commentato il Codacons e l’Associazione Utenti dei servizi radiotelevisivi (aderente al Codacons) in riferimento alla lite del giorno prima su Domenica In – è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. I telespettatori sono stanchi di assistere a scene di questo tipo in tv, e quelli più battaglieri ci stanno chiedendo aiuto per ottenere la restituzione del canone, non essendo più disposti a subire questa tv volgare."

Aggiungo che da tempo psicologi, medici e psicoterapeuti specializzati in ipnosi e ipnoterapia avrebbero dovuto smettere di pagare il canone RAI: Giucas Casella è ritornato, dopo qualche anno, dopo un silenzio dovuto all'intervento della Società Italiana di Ipnosi, a spacciare il suo spettacolo spazzatura per ipnosi.

Ecco cosa vende il mago sul sito ufficiale: Giucas Casella. Ed anche la RAI contribuisce ad alimentare la credenza sui suoi poteri: RAI Uno.

23 gennaio 2006

The Moral Sense Test (MST)

Niente cattura l'attenzione umana più di un dilemma.

The Moral Sense Test è uno studio web-based della natura del giudizio morale umano. Come gli essere umani decidono cosa è giusto o sbagliato? Per rispondere a queste domande, il Cognitive Evolution Laboratory dell'Università di Harvard ha progettato una serie di dilemmi e li ha messi in rete, con la speranza di comprendere differenze e somiglianze nei giudizi morali di persone di differenti età, culture, educazione, convizioni religiose, occupazioni e circostanze della vita. Partecipare allo studio è facile, veloce e completamente confidenziale.

Link: The Moral Sense Test
(Segnalato ieri da Armando Massarenti - Filosofia Minima - sul Domenicale del Sole24Ore)

22 gennaio 2006

Empatia e vendetta: differenze fra uomo e donna

Da uno studio su Nature - che ho segnalato qualche il 18 gennaio – è risultato che, assistere a una lieve tortura inflitta a una persona che è stata corretta con noi, provoca, sia negli uomini che nelle donne, l’attivazione delle aree cerebrali del dolore (corteccia fronto-insulare e corteccia anteriore cingolata), come se i partecipanti provassero in prima persona il dolore provato dalla persona osservata.
Invece, assistere a una lieve tortura inflitta a una persona che è stata scorretta con noi, provoca reazioni differenti negli uomini e nelle donne. Mentre le donne continuavano a essere empatiche e a compartecipare al dolore della persona osservata, gli uomini mostrano l’attivazione delle aree cerebrali di ricompensa, piacere, soddisfazione (il nucleus accumbens, ad esempio) ovvero le stesse aree accese dal cibo e dalle droghe.
Questa differenza nel pattern di attivazione cerebrale, se confermata, potrebbe indicare che l’uomo ha evolutivamente assunto un ruolo predominante nel mantenere la giustizia e stabilire punizioni per chi è scorretto nei confronti della comunità.

Fonte: Nature

20 gennaio 2006

Violenza virtuale e violenza reale: i videogiochi violenti

Il professor Bruce Bartholow, dell'Università del Missouri, interessato al campo della desensibilizzazione emozionale, ha pubblicato uno studio sul Journal of Experimental Social Psychology in cui dimostra che la violenza simulata nei videogiochi ha un effetto "anestetizzante" nei confronti della percezione di violenza reale vista in fotografia o inflitta a un avversario virtuale.
Contrariamente a quanto si vuole far credere nei media, questo esperimento non prova affatto, però, che vi siano connessioni fra l'intrattenimento violento virtuale (violent entertainment) e il comportamento violento. Come afferma il professor Jonathan Freedman, dell'Università di Toronto: "I giochi che fate e la televisione che guardate non faranno di voi o dei vostri amici dei sociopatici (...) Tutto ciò che realmente abbiamo è una desensibilizzazione alle immagini. Non c'è modo di dimostrare che questo sia in relazione all'aggressività nella vita reale."

19 gennaio 2006

Medical Humanities: Narrative Medicine (Medicina narrativa)

Patient-centered care, Medical humanities, Narrative medicine.

Tratto e liberamente adattato da: Rita Charon, MD, PhD, Professor of Clinical Medicine and Director, Program in Narrative Medicine, Columbia University, New York, NY.

Alcuni studenti di medicina in Israele e una richiesta insolita: “Pensate a un paziente che vi abbia toccato emotivamente, che abbia evocato in voi tristezza, attaccamento, disperazione o amore. Scrivete una descrizione di ciò che è successo l’ultima volta che avete visto il paziente e siate preparati a leggere ad alta voce tutto ciò che avete scritto”. Al gruppo vennero dati 5 minuti per scrivere un paragrafo, una poesia o un dialogo con il paziente scelto.
Uno studente scrisse di un’anziana signora con una forma intrattabile di cancro gastrointestinale diagnosticato di recente. La signora era sola, la famiglia persa durante l’Olocausto e senza figli. Tre furono le sue richieste allo studente in medicina: “Siedi con me”, “Portami a fare una passeggiata all’aria aperta” e, infine, la richiesta più difficile, “Ascolta la mia autobiografia”. Lo studente esaudì le richieste.
Questa fu una richiesta molto particolare. Ma prendersi cura del corpo malato di una persona significa anche entrare in contatto intimo con l’intera persona, con le speranze, le paure, le forze e i sogni. Diagnosticare l’asma, il cancro, la demenza o l’alcolismo; accompagnare il paziente attraverso il miglioramento o il declino del corpo; tutto ciò significa accompagnare l’individuo e tutto ciò che tale individuo è nell’intimo di sé. Per questo è importante che il medico abbia l’opportunità di sviluppare la capacità narrativa di ascoltare le storie del paziente.
La “medicina narrativa” inizia negli sforzi verso la “patient-centered care” e le “medical humanities”. Il medico con competenze narrative diventa un testimone, non un giudice; un accompagnatore, non uno che interroga; un alleato e uno che porta cattive notizie.

Fonte: The Lancet.

18 gennaio 2006

Neuroscienze: Empatia e legami personali

I processi neurali dell’empatia sono una materia di grande interesse per le neuroscienze sociali. Tuttavia, da un punto di vista neuroscientifico, si sa ben poco su come le risposte empatiche sono modulate dai legami personali. Uno studio su Nature mostra che le risposte empatiche sono modulate dalle preferenze apprese, dalla bontà e dalla correttezza percepite nel comportamento sociale dell’altro.
Questi studi sono importanti per comprendere come funziona il cervello, ma di certo sono troppo “riduttivi” per poter favorire un ampliamento della conoscenza psicologica della natura umana.

Fonte: Nature

17 gennaio 2006

Vita di coppia: Accendere la televisione spegne la passione.

Erotismo, Sesso, Sessualità.
Secondo una ricerca recente, le coppie che hanno un televisore in camera hanno una vita sessuale “dimezzata”: 4 volte al mese, in media, rispetto alle 8 volte (2 a settimana) di chi la televisione in camera non ce l’ha. Per le coppie oltre i cinquant’anni, le media è 1.5 volte al mese (gruppo “con televisione”) contro le 7 volte del gruppo “senza televisione”. E’ segnalato anche che certi programmi sono peggiori di altri per la passione, ad esempio i film violenti e i reality shows. Lo studio è stato condotto su 523 coppie italiane.
Questo studio non ci dice che la televisione è la causa della mancanza di passione, ma conferma che guardare la televisione in camera è uno dei modi per tenerla spenta. Chi coltiva l’erotismo e la passione pone attenzione anche a questi aspetti.

Reuters: Tv and Sex Life.

15 gennaio 2006

Interiormente, Blog sulle MICI, Malattie infiammatorie croniche dell'intestino

Il blog Interiormente è nato per dare a chi soffre di Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino (Colite Ulcerosa e Morbo di Crohn) la possibilità di raccontare la propria esperienza e di confrontarla. Uno dei motivi di sofferenza psicologica di chi soffre di queste malattie è il vissuto di solitudine, dovuto sia alla difficoltà personale di comunicare la malattia sia alla difficoltà di comprenderla che mostra chi non ne soffre. “Interiormente” si propone di superare questa limitazione, dando a chi voglia partecipare uno spazio pubblico di comunicazione collaborativa.

Link: Interiormente.

12 gennaio 2006

Depressione: i pazienti depressi chiedono di più dalla terapia

Come definire la remissione della depressione? La prospettiva del paziente.

Piuttosto che essere soltanto sollevati dai sintomi negativi, i pazienti in trattamento per depressione sperano di guadagnare ottimismo, autostima e un ritorno a un funzionamento normale. Sono questi i risultati identificati come successo della terapia, secondo uno studio di questo mese dell’American Journal of Psychiatry.
Medici e psichiatri troppo spesso considerano soltanto la diminuzioni o la remissione dei sintomi come misura del cambiamento e obiettivo primario della terapia. Lo studio invece dimostra che i pazienti considerano la remissione dei sintomi soltanto come uno dei fattori che definiscono la guarigione; e che la presenza di ottimismo, vigore, autostima e altre caratteristiche mentali positive è un indicatore migliore di guarigione rispetto all’assenza dei sintomi della depressione.

Fonte: American Journal of Psychiatry, gennaio 2006.

11 gennaio 2006

Percezione del volto e orientamento sessuale

Di tutte le capacità visive dell’uomo, quella che riguarda il riconoscimento dei volti è una delle più sviluppate. Studi condotti con tecniche di visualizzazione cerebrale hanno mostrato il coinvolgimento, oltre che della corteccia visiva, anche dell’amigdala e dell’insula, dove sono elaborate le espressioni facciali, e della corteccia prefrontale. Il riconoscimento appare infatti modulato da molti fattori cognitivi: dalla familiarità, all’attenzione, dalla memoria agli stati emotivi. Inoltre, la comunicazione sociale richiede un’accurata “lettura facciale” delle intenzioni dell’altro individuo, soprattutto quando può essere in vista l’identificazione di un possibile partner sessuale.

Secondo uno studio recente, nonostante la maggioranza dei circuiti cerebrali sia attivata sempre in modo uguale, il genere della persona osservata determina una differenza nelle reazioni in due aree cerebrali specifiche: il talamo e la corteccia orbitofrontale, collegata alle proprie preferenze sessuali. In quelle aree, donne eterosessuali e uomini omosessuali esibiscono una più marcata reattività all’osservazione di visi maschili, mentre lo stesso effetto è provocato da facce femminili negli uomini eterosessuali e nelle donne omosessuali.

Articolo in inglese: Current Biology (via Le Scienze)

10 gennaio 2006

Emicrania, Cefalea: aspetti psicologici e psicoterapia

Psicologia, Psicoterapia, Mal di testa, Cefalea, Emicrania

Il mal di testa nell’infanzia e nell’adolescenza è dovuto spesso a fattori psicolologici. L’emicrania, ad esempio, può essere associata alla cefalea materna, ai sintomi d’ansia nell’infanzia, ai disordini d’ansia dell’adolescenza e nella giovane età adulta, e ai tratti della personalità reattiva agli stress intorno alla maggiore età (J Neurol Neurosurg Psychiatry 2002).

In età adulta, l’esposizione ad uno stress o un sonno irregolare vengono spesso considerati dei fattori in grado di scatenare una cefalea tensiva ed un’emicrania. In uno studio prospettico, eseguito cioè osservando i pazienti emicranici e con cefalea tensiva nel tempo, presentato Congresso Mondiale delle Cefalee di New York, si è visto che lo stress può influenzare lo scatenamento di un attacco, sia se verifica immediatamente prima che se si è verificato nei 2-3 giorni precedenti. Un sonno alterato, sia il poco sonno che il troppo sonno, si associa allo scatenamento di una cefalea sia se disturbato la notte precedente, ma più spesso se il sonno è stato disturbato 2-3 giorni prima dell’attacco. Una igiene del sonno e il controllo dello stress aiutano a ridurre la frequenza della cefalea.
Nelle forme croniche di cefalea di tipo tensivo può essere essenziale il ricorso anche alla psicoterapia. Le tecniche di rilassamento (ad es. ipnosi) trovano indicazione nelle forme associate a contrattura dei muscoli pericranici.

Per quanto riguarda l’emicrania il ricorso allo psicologo può essere l’approccio migliore nei singoli casi in cui sia importante migliorare le risposte di adattamento alle situzioni di stress o in caso di disturbo psichico concomitante. E’ noto che particolari stati emotivi possono essere un fattore scatenante l’attacco emicranico in molti pazienti che perseverano in sentimenti di disperazione e autosvalutazione. L’ansia e lo stress sono fattori aggravanti in un attacco emicranico in evoluzione.
E’ stata documentata l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale nell’aiutare il paziente ad identificare e modificare risposte comportamentali errate che possono scatenare o aggravare un attacco emicranico. Anche le terapia ipnotica è utile nel controllo delle risposte comportamentali e svolge un ruolo importante nel apprendimento del rilassamento e nella gestione di ansia e stress.

09 gennaio 2006

Dissociazione

Cosa significa dissociazione nel linguaggio psicologico?

In psicopatologia significa discordanza o scissione. In senso generale va intesa come lo scollamento tra entità psichiche, le quali “normalmente” sono collegate, in modo da dare al soggetto o a chi lo ascolta o lo osserva l’impressione della continuità, della congruenza, della comprensibilità e della ragionevolezza dei comportamenti che ne derivano.
Lo scollegamento può riguardare:
  • Il corso delle associazioni
  • Il linguaggio
  • Il contenuto ideativi e la sua risonanza emotivo-affettiva
  • Le sequenze di atti
  • Il contenuto di una preposizione e il modo in cui la si dice
  • Le tendenze pulsionali
  • Le manifestazioni della volontà

Ad esempio, il contenuto di una idea può essere espresso in modo discordante (un tema persecutorio può essere espresso con euforia fatua e senza che il comportamento del soggetto sia coerente con il tema).

Nella schizofrenia la dissociazione è intesa come la mancanza di coesione, di concordanza, di coerenza tra le varie funzioni mentali. Essa colpisce il soggetto nella capacità di autodominio, di autoconduzione teleonomica (finalizzata) delle proprie funzioni mentali.

Per la psicoanalisi la scissione delle funzioni psichiche è la conseguenza della scissione dell’io, che contemporaneamente opera una scissione dei significati delle persone o degli oggetti con cui è in relazione.
Ad esempio, una persona adulta e “normale” si abitua, con atteggiamenti realistici, a discriminare, a correlare e a tollerare nelle persone, nelle cose e in molti avvenimenti, la parte buona, piacevole e attraente, dalla parte cattiva. Per la persona psicotica (come per il bambino molto piccolo) tutto è irrimediabilmente o totalmente buono, attraente in maniera idealizzata e sproporzionata, o totalmente cattivo e repellente.

Per sapere cosa significa il termine dissociazione in ipnosi, cliccate sul link: Dissociazione ipnotica.

08 gennaio 2006

Neuroetica: Michael Gazzaniga, The Ethical Brain

Etica, Neuroetica, Neuroscienze, Psicologia.

Michael Gazzaniga è uno dei più famosi neuropsicologi statunitensi. I suoi studi sul cervello diviso (split brain) e sulle implicazioni psicologiche della lateralizzazione emisferica cerebrale sono entrati di diritto nella storia delle neuroscienze.
Dopo queste ricerche non ha prodotto lavori originali e sul piano teorico i suoi modelli possono essere considerati ora troppo meccanicistici. Tuttavia ha svolto un lavoro importantissimo per promuovere accademicamente e divulgare le neuroscienze.
Infine, si è battuto contro l’ultraconservatore Leon Kass (da poco sostituito dal cattolico integralista Pellegrino), all’interno del Council on Bioethics della Presidenza degli Stati Uniti, nel dibattito sullo statuto morale dell’embrione e in merito ai temi emergenti della neuroetica.
Il suo ultimo libro espone in maniera molto chiara un punto di vista che cerca di integrare la riflessione sulle questioni morali concrete (inizio e fine della vita; possibilità di intervenire sui geni o sul cervello per migliorare le prestazioni cognitive; impatto delle nuove conoscenze neuroscientifiche sulla definizione della responsabilità personale di fronte alla legge) con questioni di ampia portata filosofica che riguardano le basi neurobiologiche delle credenze religiose e morali.

Questo libro può essere un risorsa in più per un dibattito importante, in cui dialogano le neuroscienze, la psicologia e la filosofia, ognuna con il proprio fondamentale e imprescindibile punto di vista.

Link: Dana Press.

07 gennaio 2006

P11: la molecola della depressione

P11 è la molecola che costituisce l'anello mancante a lungo cercato per capire le basi molecolari della depressione e, molto probabilmente, la base d'azione di alcuni dei farmaci più usati contro questa malattia.
L'ha individuata, alla Rockefeller University di New York, il Nobel del 2000 per la Medicina Paul Greengard e la scoperta è stata annunciata dalla rivista Science. La depressione è una malattia psichiatrica ormai da tempo associata alla carenza del neurotrasmettitore serotonina, una semplicissima molecola che i neuroni rilasciano per comunicare tra loro. Gli antidepressivi agiscono ripristinando questa corretta comunicazione, ma fino ad oggi con meccanismi che rimanevano per lo più ignoti a medici e ricercatori.

Fonte: Repubblica

Primo blog di psicologia in Italia (a pari merito)

Curiosità sul blog

La mia amica Giulietta De Santis, curatrice di Psicocafè, mi ha fatto notare che siamo i primi e gli unici blog di psicologia in Italia, con notizie di psicologia costantemente aggiornate.
Vogliamo un premio ;-)

Enough Sleep, Progetto europeo di ricerca sul Sonno

"Enough Sleep", studio finanziato dall'Unione Europea che vede coinvolti sette centri di ricerca europei coordinati dall'Università di Helsinki. Con una varietà di approcci e tecniche sperimentali, i ricercatori studieranno i meccanismi di regolazione del sonno e le loro alterazioni patologiche.

Il sonno rimane uno dei grandi misteri della fisiologia: le domande aperte riguardano in primo luogo la sua funzione, ma anche i meccanismi che lo regolano e i fattori che possono alterarne il ritmo. Quello che è certo è che il sonno regolare è fondamentale per il benessere fisico.

Nel progetto sono coinvolti anche due gruppi italiani, quello dell'Università di Milano diretto da Marcello Massimini e quello dell’Università di Verona, diretto da Marina Bentivogli, con il compito di studiare gli aspetti psichiatrici del sonno e della privazione di sonno, con particolare attenzione alla depressione. Avranno a disposizione uno strumento innovativo – un elettroencefalogramma (EEG) di straordinaria risoluzione con un dispositivo di stimolazione cerebrale – che consente di monitorare come una stimolazione elettrica si propaga nel cervello durante le diverse fasi del sonno e della veglia.

Fonte: Galileo

06 gennaio 2006

Antidepressivi nel liquido amniotico

Depressione, Gravidanza, Antidepressivi.

Uno studio dell’America Journal oh Psychiatry riporta nuovi dati sulla concentrazione di antidepressivi nel liquido amniotico, durante il trattamento per la depressione di donne in gravidanza. I risultati dimostrano che gli antidepressivi arrivano al feto di più di quanto considerato in precedenza.

05 gennaio 2006

Salute mentale di figli che assistono a un abuso della madre

I bambini che assistono a un abuso fisico della propria madre possono soffrire di problemi emotivi e comportamentali. Essere testimoni di violenza a casa può avere serie conseguenze nella salute mentale e nella capacità di “funzionare” adeguatamente nella vita quotidiana.
Lo studio è stato condotto su 2020 famiglie negli Stati Uniti. Le madri che riferivano di essere state gravemente abusate dal partner – picchiate, soffocate, minacciate con un’arma – riportavano problemi comportamentali nei loro figli da 4 a 14 anni. Di certo, i più alti tassi di depressione, ansia e aggressività nei figli erano collegati al fatto che le stesse madri abusate erano più frequentemente aggressive verso i figli e infliggevano punizioni fisiche. Tuttavia, lo studio dimostra che vi è un effetto dovuto all’essere stati testimoni dell’abuso.

Fonte: Pediatrics, gennaio 2006.

04 gennaio 2006

Sindrome del mangiatore notturno e obesità

Abbuffate notturne, Obesità, Stress, Depressione.

Svegliarsi ogni notte e sentire un incontenibile impulso a mangiare è un problema che riguarda l’1,5 per cento della popolazione. La percentuale sale decisamente se si considera soltanto quella parte della popolazione notevoli problemi di peso: questo problema affligge infatti l’8,9 per cento degli obesi. A sua volta, l’abitudine alle abbuffate notturne pone le premesse per gravi problemi di linea: il 57,1% delle persone con la sindrome del mangiatore notturno è obeso.

L’aspetto più interessante della ricerca è come questo comportamento sia fortemente legato a situazioni di forte stress o a uno stato di depressione, manifesta o, più spesso, latente. In questi casi è inoltre molto superiore il rischio di ricorrere a sostanze d’abuso, in particolare alcol: il problema interessa infatti il 30,6 per cento dei mangiatori notturni.

Chi soffre di questo disturbo farebbe bene a considerarlo un campanello d’allarme per il proprio benessere psicologico. Per converso, gli psichiatri dovrebbero prestare attenzione a questa possibile complicazione nella terapia dei pazienti depressi, perché un forte incremento di peso, incidendo sull’immagine di sé che ha il paziente, può ostacolare il superamento della malattia.

Fonte: Università della Pennsylvania

Un parto difficile e il rischio di anoressia o bulimia

Complicazioni nel corso di una gravidanza, Anoressia, Bulimia.

Alcune specifiche complicazioni nel corso della gravidanza, durante il parto o immediatamente dopo espongono il neonato al rischio di sviluppare nel corso degli anni una anoressia nervosa. Anemia, diabete mellito, problemi cardiaci neonatali, uno stato di ipotermia e una scarsa reattività agli stimoli, appaiono associati a una maggiore incidenza dell'anoressia. Situazioni di infarto placentare, di difficoltà di alimentazione, di peso ridotto alla nascita e un parto molto veloce sembrano invece aumentare la predisposizione a sviluppare il disturbo bulimico.

Le ipotesi relative al meccanismo d'azione attraverso cui le complicazioni ostetriche potrebbero favorire i disturbi dell'alimentazione: in primo luogo legato a eventuali danni dovuti a una situazione di ipossia (carenza di ossigeno) a carico dei centri cerebrali, ancora in sviluppo, destinati al controllo della fame; in secondo luogo situazioni di alimentazione squilibrata nel corso della gravidanza e nel periodo neonatale.

Fonte: Archives of General Psychiatry, studio condotto da Angela Favaro, dell'Università di Padova, che ha seguito le vicende di oltre seicento persone nate nella clinica universitaria di quella città fra il gennaio 1971 e il dicembre 1979.

03 gennaio 2006

Efficacia dei farmaci antidepressivi

Depressione, Antidepressivi, Psicoterapia.

Secondo uno studio molto importante, pubblicato dall’American Journal of Psychiatry, gli antidepressivi NON aiutano in modo significativo il 70% delle persone che soffrono di depressione.
Sono i primi risultati di un progetto, durato sei anni e costato 35 milioni di dollari, che ha testato l’efficacia degli antidepressivi in modo più rigoroso rispetto agli studi delle case farmaceutiche.

Le case farmaceutiche studiano i miglioramenti a breve termine di persone la cui depressione non è cronica o non presenta complicazioni. Lo studio qui riportato, invece, si è concentrato sulla remissione completa di persone che hanno esperito una media di 6 episodi di depressione maggiore.I ricercatori hanno rilevato che solo il 30% circa dei 2876 depressi cronici in monitoraggio ha raggiunto la piena remissione dei sintomi dopo 14 settimane di assunzione di Citalopram (SSRI). Un altro 10, 15% dei pazienti ha sperimentato qualche miglioramento, ma tutti gli altri, più del 50% dei pazienti, non ha visto alcun miglioramento. In ogni caso il tasso di successo coincide con il tasso indicato dalle case farmaceutiche che tipicamente oscilla dal 25 al 40%.

Come aiutare quel 70% dei pazienti per i quali il trattamento antidepressivo farmacologico non è sufficiente a raggiungere la guarigione? La terapia psicologica - psicoterapia rientra in questo senso fra le scelte di elezione.

Fonte: Psicocafé, blog curato da Giulietta De Santis.

02 gennaio 2006

Il Rischio di Suicidio e i Farmaci anti-depressivi

Depressione, Anti-depressivi, Suicidio.

Dopo l’avviso del 2004 della Food and Drug Administration (FDA), che sottolineava come il comportamento suicidarlo aumentasse con il trattamento con i nuovi farmaci antidepressivi, continuano ad alternarsi gli studi per confermare o confutare che le tendenze al suicidio del paziente depresso aumentano con gli antidepressivi di nuova generazione.

Secondo lo studio dei ricercatori del Group Health Cooperative, pubblicato dall’American Journal of Psychiatry, il rischio di un tentato suicidio o di una morte per suicidio diminuisce nelle settimane successive all’assunzione del farmaco antidepressivo e il comportamento suicidario è minore rispetto ai vecchi farmaci.
I ricercatori sottolineano, comunque, che l’assunzione del farmaco deve essere accompagnata da una attenta relazione da parte di chi prescrive il farmaco e che può esservi un sottogruppo di persone che, una volta assunto il farmaco, diventano più inquiete e attive e che quindi dovrebbero rivolgersi a uno psicologo.

Io credo che una relazione terapeutica sia indispensabile per cambiare veramente il tono di fondo del proprio umore e il proprio stile nell’affrontare le relazioni e le “cose” della vita.

Fonte: Group Health Cooperative.