08 febbraio 2006

Orexina/Ipocretina: Narcolessia, Insonnia, Obesità, Dipendenza da amfetamine

Disturbi del sonno, obesità e dipendenza da amfetamine condividono alcuni processi biochimici.

L’ipotalamo posterolaterale contiene i neuroni che producono orexina/ipocretina, neuropeptide fondamentale per il mantenimento di una normale veglia, la cui grave carenza nell’organismo induce la narcolessia, una patologia del sonno che provoca improvvisi addormentamenti durante il giorno e fenomeni di paralisi temporanea.
Alcuni studi attuali sembrano indicare che un farmaco inibitore dell’orexina amplierebbe le fasi di sonno REM e agevolerebbe i processi di consolidamento della memoria e potrebbe essere usato per l’insonnia.

L’insonnia è un disturbo che colpisce, per periodi più o meno lunghi della vita, dal 20 al 30 per cento della popolazione. Nei casi più severi può essere necessario ricorrere a farmaci per cercare di migliorare la situazione, ma si tratta sempre di terapie da affrontare con particolare cautela, in quanto le molecole disponibili hanno controindicazioni e inconvenienti. In particolare, possono indurre dipendenza, tolleranza e/o un sonno senza sogni, ossia con la riduzione o la soppressione delle fasi di sonno REM. E’ sempre indicato affrontare il problema con una psicoterapia cognitivo-comportamentale o ipnotica.

Dato che chi soffre di narcolessia è resistente all’azione delle amfetamine è importante testare la possibilità che l’orexina possa essere coinvolta nei fenomeni di abuso di questa ampia classe di sostanze.
L’orexina, infine, è coinvolta nei meccanismi di regolazione dell’assunzione di cibo, e si ipotizza che il suo inibitore potrebbe essere utilizzato per il controllo dell’obesità.

Alzheimer: interazione fra fattori genetici e fattori ambientali

Secondo una ricerca internazionale - condotta prendendo in esame 12.000 coppie di gemelli e pubblicata sul numero di febbraio degli Archives of General Psychiatry - la Malattia di Alzheimer ha una causa genetica nell’80 per cento dei casi. Nessuno studio di questo tipo aveva finora preso in considerazione un numero così elevato di soggetti.
Ciò non significa che l’ambiente non sia importante, al contrario l’ambiente può influire in modo determinante sul fatto che uno specifico soggetto sviluppi effettivamente o meno la malattia. Anche i gemelli identici, che condividono esattamente gli stessi geni, manifestano infatti un grado di vulnerabilità differente: quando uno di essi si ammala di Alzheimer, c'è una probabilità di solo il 45 per cento che il corrispondente gemello stia iniziando a soffrire anch’egli della malattia. Nel 55 per cento dei casi o non ne soffrirà affatto o la contrarrà in età più avanzata.

Fonte: Archives of General Psychiatry

07 febbraio 2006

Stress cronico e Sindrome metabolica

Lo stress cronico al lavoro e la sindrome metabolica: uno studio condotto dal Department of Epidemiology and Public Health, University College London

Sindrome metabolica: quali obiettivi? Il primo obiettivo – fondamentale – è ridurre le cause sottostanti (obesità e inattività fisica). La riduzione del peso è un intervento di primo grado. Una regolare attività fisica è una componente di routine nel controllo della sindrome metabolica.
Questi obiettivi mostrano quanto possa essere importante una terapia incentrata sul controllo delle abitudini disfunzionali e sulla promozione di nuove abitudini salutari. Abbiamo già considerato l’importanza dell’esercizio fisico moderato come abitudine “salvavita”: Move for Health.

Sappiamo anche che lo stress nel luogo di lavoro è associato alle patologie cardiache coronariche; sappiamo anche che la sindrome metabolica è correlata alle differenti condizioni sociali. Lo studio che riportiamo oggi dimostra, inoltre, che lo stress cronico (al lavoro ad esempio) è un fattore di rischio importante per la sindrome metabolica. Lo studio fornisce evidenze circa la plausibilità biologica di un legame fra stressors (fattori di stress) psicosociali quotidiani e malattia cardiaca. Sono state studiate 10308 persone, fra i 35 e i 55 anni, nei loro luoghi di lavoro, per un periodo di 14 anni. I risultati mostrano un relazione fra l’esposizione a stress di lavoro per 14 anni e il rischio di sindrome metabolica, indipendentemente da altri fattori di rischio. Gli impiegati stressati hanno presentato una probabilità di gran lunga maggiore (più del doppio) di sviluppare la sindrome metabolica rispetto ai colleghi non esposti a stress cronico.

Fonte: Department of Epidemiology and Public Health, University College London

Indice di Massa Corporea (IMC) o Body Mass Index (BMI)

Come calcolare il proprio Indice di Massa Corporea (IMC) o Body Mass Index (BMI).

L'Indice di Massa Corporea (IMC), in inglese Body Mass Index (BMI) è il rapporto tra il peso in chilogrammi di una persona ed il quadrato della sua altezza espressa in metri. E’considerato un indice molto più attendibile del solo peso corporeo per definire le caratteristiche fisiche di una persona e viene usato per la diagnosi delle patologie nutrizionali.
Per calcolare il vostro IMC o BMI:

  1. Prendete il vostro peso in chilogrammi (ad es. 45 kg)
  2. Dividetelo per la vostra altezza espressa in metri e moltiplicata al quadrato (ad es. 1,70 x 1,70 = 2,89)
  3. Il risultato sarà il vostro IMC (45 / 2,89 = 15,5)

Si considera normale un IMC compreso tra 18,5 e 24,9. Un IMC inferiore a 18,5 indica sottopeso, un IMC compreso tra 25 e 29,9 indica sovrappeso, mentre un IMC superiore a 30 indica obesità.

Indice di Massa Corporea (IMC) o Body Mass Index (BMI): un confronto fra uomini e donne in salute negli Stati Uniti

Uno studio recente, pubblicato sull’International Journal of Obesity, ha messo a confronto la distribuzione del Body Mass Index (BMI) – Indice di Massa Corporea (IMC) – negli uomini e nelle donne, non fumatori, di buona salute negli Stati Uniti (11404 persone, di cui 4894 uomini e 6510 donne, da venti anni in su). Per definire la “salute” sono state applicate misurazioni basate su autovalutazione (self-report), storia medica, pressione arteriosa, grassi nel sangue, altri correlati fisiologici e abitudini comportamentali come il fumo e l’attività sportiva.
Sia per gli uomini che per le donne, la distribuzione del BMI è più regolare con l’aumentare del livello di salute. Più del 90% degli uomini e delle donne in buona salute mostra un BMI tra 19.5 e 30 (uomini) e 18-30 (donne), con una media di 24.5 per gli uomini e di 21.5 per le donne. La prevalenza di soprappeso diminuisce nettamente con l’aumentare del livello di salute nelle donne, ma varia poco negli uomini; ad un buon livello di salute la prevalenza dell’obesità cala nettamente sia per gli uomini che le donne.
Secondo i risultati, solo il 5% circa delle donne e degli uomini in buona salute sarebbero classificabili come obesi seguendo i criteri del BMI (o IMC). Tuttavia, la distribuzione del BMI differisce tra gli uomini in salute e le donne in salute. Paragonata alla distribuzione maschile, la distribuzione femminile del BMI è spostata verso valori più bassi ed è più irregolare.

Fonte: International Journal of Obesity (2006) 30, 374–379

Per calcolare il proprio BMI: Indice di Massa Corporea

06 febbraio 2006

Fattori di rischio di ricaduta nei disturbi dell’alimentazione: uno studio

Uno studio recente, pubblicato nell’American Journal of Psychiatry, ha valutato i fattori di rischio di ricaduta in donne con diagnosi di disturbo dell’alimentazione che hanno avuto una remissione dei sintomi.
In un totale di 246 donne tenute in osservazione, le ricadute sono state un terzo del totale.
Le evoluzioni dei sintomi nelle ricadute sono state differenti a seconda del tipo di disturbo alimentare: le pazienti con diagnosi di anoressia nervosa di tipo restrittivo hanno mostrato una tendenza a sviluppare ricadute con sintomi bulimici; le pazienti con diagnosi di anoressia nervosa con condotte di eliminazione o di bulimia nervosa hanno mostrato una tendenza a sviluppare di nuovo sintomi di tipo bulimico.
Il fattore di rischio di ricaduta comune alle tre forme di disturbo dell’alimentazione citare è – secondo lo studio - la permanenza di disturbi dell’immagine corporea. La pazienti che hanno sofferto di bulimia, inoltre, hanno presentato un fattore di rischio aggiuntivo: la permanenza di difficoltà nella gestione dello stress in situazioni sociali.
Lo studio conferma che la terapia individuale è un fattore preventivo importante.

Fonte: American Journal of Psychiatry

Donne e Salute: Osservatorio nazionale sulla salute della donna

1947. Definizione di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): la salute è uno “stato di benessere fisico, psichico e relazionale”. La definizione è uno dei principi cardine del neonato Osservatorio nazionale sulla salute della donna, fondato da Alberto Costa, Gilberto Corbellini e Francesca Merzagora, presentato oggi al Campidoglio.
Perché osservare la salute della donna? Perché essa passa per lo più inosservata, nonostante ci si trovi in presenza di una salute “delicata”, su cui incide un carico di lavoro spesso poco appagante e gravato dalle occupazioni domestiche, l’inclinazione femminile a occuparsi degli altri prima che se stesse (secondo il Censis, ad assistere malati gravi sono per l’81,2% donne), la scarsa partecipazione delle donne agli studi clinici sui farmaci, la mancanza di potere sociale ed economico, una condizione psicologica soggetta a maggiore fragilità a causa delle ottiche distorte con cui la società inquadra le donne. In altri termini, agiscono negativamente sulla salute delle donne fattori fra cui si annoverano l’indigenza o la dipendenza economica, la violenza fisica o psichica, le discriminazioni declinate con diverse modalità e toni, l’infertilità, le varie inerzie decisionali, gli accessi iniqui ai servizi sanitari pubblici, le frustrazioni, lo stress.
Perché è importante promuovere un aumento la consapevolezza socio-politica, l’equità nel campo della salute, la sensibilità dell’opinione pubblica, gli studi sulle patologie “femminili”, un ruolo delle donne più responsabile nei confronti del proprio benessere.

Link: Onda osservatorio
Fonte: Sole24Ore; Ansa

04 febbraio 2006

La decisione condivisa in medicina (Shared Decision-Making)

Negli ultimi anni si è registrata in medicina la tendenza a favorire la partecipazione dei pazienti alle decisioni cliniche. Secondo i risultati di uno studio recente apparso negli Annals of Family Medicine, la decisione condivisa fra medico e paziente viene vissuta frequentemente in modo negativo dal paziente (nel 57% dei casi)
Il dr George Saba, dell’Università della California a S. Francisco, e colleghi hanno riscontrato che la fiducia, l’autorità e altri fattori relazionali influenzano l’esperienza soggettiva del rapporto medico-paziente. Di conseguenza la comunicazione fra medico e paziente, in particolare nelle popolazioni disagiate, deve comprendere un comportamento e una comunicazione efficaci.

Fonte: Annals of Family Medicine, gennaio/febbraio 2006

03 febbraio 2006

Depressione e rischio di arresto cardiaco

Nuove ricerche suggeriscono che la depressione aumenta il rischio di arresto cardiaco anche in pazienti senza altri fattori di rischio per malattie cardiache.
Uno studio - condotto su 2228 persone che hanno avuto un arresto cardiaco tra gennaio 1980 e dicembre 1994 e su 4164 persone che non ne sono state colpite – mostra che le persone depresse hanno in media il 43 % di probabilità in più di essere colpite da arresto cardiaco rispetto a persone non depresse, a prescindere dal genere, dall’età o dall’aver già sofferto o meno di problemi cardiaci.
La gravità della depressione influisce sulla percentuale di rischio: 30 % per la depressione lieve, 77 % per la depressione grave.
Secondo i ricercatori la depressione potrebbe avere un effetto principalmente sulla formazione di placche nelle arterie. Ma a ciò è da aggiungere la probabilità che i pazienti depressi trascurino la terapia farmacologia o abbiano uno stile di vita non salutare.

Fonte: Archives of Internal Medicine

02 febbraio 2006

Freud, padre della Psicoanalisi, compie 150 anni

Vienna - L'Austria ha dato il via in questo fine settimana alle celebrazioni degli anniversari di due suoi figli illustri, il salisburghese Wolfgang Amadeus Mozart e il viennese d'adozione Sigmund Freud. Per Freud, il 2006 è il centocinquantesimo anno dalla nascita (6 maggio 1856).

Freud è un pensatore di prima grandezza, che dobbiamo continuare a leggere indipendentemente dalle mode e dall’uso che ne fanno alcuni psicoanalisti. I grandi classici hanno il pregio straordinario di aver scritto in modo chiaro e comprensibile ciò che in seguito è stato complicato e oscurato. Molto spesso, tornare ai classici evoca un senso di sollievo quasi gioioso. Come scrive Paolo Rossi, storico delle scienza, “prendere in mano un testo di Freud dopo aver letto un gruppo di pagine di Lacan (è come) aprire una finestra in una stanza piena di fumo”.

La lezione di Freud sul valore della scienza vale ancora oggi. Nei primi trent’anni del secolo scorso è difficile trovare una difesa della ragione e della scienza che abbia l’amara e accorata lucidità delle pagine scritte da Freud ne “L’avvenire di un’illusione” (era il 1927, lo stesso anno della pubblicazione di “Sein und Zeit” di Heidegger)… (Continua a leggere qui: Freud: una lezione sul valore della scienza).

Secondo la filosofa Patricia Kitcher (Freud’s Dream, Mit Press, 1992) la metapsicologia di Freud può essere interpretata come un tentativo ante-litteram di costruire una scienza cognitiva, interdisciplinare, dove confluissero in un progetto non ontologicamente riduzionistico, ma metodologicamente sinergico, i risultati delle scienze del suo tempo (neurofisiologia, linguistica, antropologia) che si occupavano della mente (con le divisioni topografiche della mente che allora diventarono “unità funzionali”, come per la futura scienza cognitiva che si baserà sull’analogia mente-computer).

Freud: una lezione sul valore della scienza

La lezione di Freud sul valore della scienza vale ancora oggi. Nei primi trent’anni del secolo scorso è difficile trovare una difesa della ragione e della scienza che abbia l’amara e accorata lucidità delle pagine scritte da Freud ne “L’avvenire di un’illusione” (era il 1927, lo stesso anno della pubblicazione di “Sein und Zeit” di Heidegger). La scienza umana - secondo Freud - ha impartito frustrazioni al genere umano (con Copernico l’uomo non è più il centro dell’universo; con Darwin non è più un essere distinto dagli altri animali; con la psicoanalisi ha perso l’illusione di avere il pieno controllo sulla propria mente) e per questo essa non è solo una forma di conoscenza, ma anche una continua, grande, lezione di vita:

“La scienza ha molti nemici dichiarati e un numero molto maggiore di nemici nascosti che non possono perdonarle di aver indebolito la fede religiosa e di minacciare di abbatterla. A suo biasimo viene addotto il poco che ci ha appreso e l’incomparabilmente superiore mole di ciò che ha lasciato nel buio. Ma si dimentica quanto sia giovane, quanto ardui ne furono gli inizi e quanto infinitamente piccolo è il lasso di tempo che è intercorso dal momento in cui l’intelletto umano si è fatto abbastanza forte per affrontare i suoi compiti (…). No, la scienza non è un illusione. Sarebbe invece un’illusione credere di poter trovare altrove ciò che essa ci può dare”.

“L’uomo si troverà certamente in una situazione difficile, dovrà confessare a se stesso la propria impotenza, la propria irrilevanza nella compagine dell’universo, cesserà di essere al centro della creazione, né sarà più l’oggetto delle tenere cure della benevola provvidenza. Sarà nella stessa situazione di un bambino che ha lasciato la casa paterna nella quale stava così protetto e comodo. Ma non è forse vero che lo stadio dell’infanzia è destinato a essere superato? L’uomo non può rimanere sempre bambino, deve alla fine avventurarsi nella “vita ostile”.”

“La voce dell’intelletto è fioca (a paragone della vita pulsionale), ma non ha pace finché non ottiene ascolto. Alla fine, dopo ripetuti, innumerevoli rifiuti, lo trova. Questo è uno dei pochi punti sui quali si può essere ottimisti per l’avvenire dell’umanità, ma non è un punto di poca importanza.”

31 gennaio 2006

Attività fisica, Esercizio moderato per 30 minuti


L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) afferma che lo stile di vita sedentario è una delle 10 maggiori cause di morte, malattia e disabilità. Circa 2 milioni di morti ogni anno sono attribuibili alla mancanza di attività fisica. L’inattività fisica raddoppia la probabilità di malattie cardiovascolari, diabete di tipo II e obesità e aumenta il rischio di cancro al colon e al seno, di pressione alta, osteoporosi, depressione e ansia.
Le buone notizie giungono dal forum “Attività fisica: principio di salute”, tenutosi ieri a Torino. Gli esperti consigliano 30 minuti di esercizio moderato al giorno. Ad esempio 30-45 minuti di giardinaggio, mezz’ora di ballo, 15 minuti di scale oppure tre chilometri di camminata compiuti in mezz’ora (questi ultimi, in particolare, equivalgono a 15 minuti di pallacanestro o di salto della corda, a 20 minuti di nuoto e a mezz’ora di acquagym).

25 gennaio 2006

L'emozione amplifica la memoria di eventi neutri precedenti

Gli eventi emotivamente significativi hanno un posto privilegiato nella memoria, probabilmente a causa della particolare attenzione che su tali eventi poniamo.
Secondo uno studio recente, esiste un intervallo critico, dopo un accadimento, all’interno del quale l’attivazione emotiva deve verificarsi, affinché la memoria di quell’accadimento possa essere amplificata. Coloro che hanno partecipato all’esperimento, infatti, ricordavano meglio dei volti neutri o delle case visti in fotografia, se seguiti, entro un certo intervallo successivo, da scene emotivamente attivanti.
L’attivazione emotiva agisce specificamente sul richiamo cosciente, più di una discriminazione basata sulla familiarità. Inoltre, nessuna amplificazione retrograda è stata riscontrata nel caso di foto seguite da scene altamente memorabili ma non emotivamente attivanti.

Questi studi indicano che l’attivazione emotiva (dopo la codifica dello stimolo) gioca un ruolo importante nel migliorare il consolidamento della memoria episodica.

Fonte: Proceedings National. Academy of Sciences

24 gennaio 2006

I farmaci antidepressivi SSRI possono avere effetto sul sistema immunitario

I farmaci antidepressivi che agiscono sul neurotrasmettitore serotonina (SSRI) possono coinvolgere il sistema immunitario in modi non ancora conosciuti, secondo una ricerca del Georgetown University Medical Center e del Robarts Research Institute in Canada. Questo in relazione alla scoperta che la serotonina viene trasferita velocemente fra le cellule del sistema immunitario (in modo simile alla trasmissione tra neuroni) e specificamente utilizzata per attivare alcune risposte immunitarie.

“La novità è - afferma Gerard Ahern, Ph.D. - nella rivelazione di una potenziale comunicazione, legata al trasmettitore serotonina, fra cellule del sistema immunitario. Comunicazione riscontrata di solito solo fra i neuroni. (…) Fino ad ora si è creduto che le cellule del sistema immunitario comunicassero soltanto attraverso il contatto fisico; esse invece possono assorbire e rilasciare serotonina come trasmettitore.”

Fonte: Medical Research News, 23/01/2006

Giucas Casella: da non confondere con l'Ipnosi

La RAI permette che il pubblico associ lo show di Casella all'ipnosi.

"Ciò che è avvenuto ieri – hanno commentato il Codacons e l’Associazione Utenti dei servizi radiotelevisivi (aderente al Codacons) in riferimento alla lite del giorno prima su Domenica In – è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. I telespettatori sono stanchi di assistere a scene di questo tipo in tv, e quelli più battaglieri ci stanno chiedendo aiuto per ottenere la restituzione del canone, non essendo più disposti a subire questa tv volgare."

Aggiungo che da tempo psicologi, medici e psicoterapeuti specializzati in ipnosi e ipnoterapia avrebbero dovuto smettere di pagare il canone RAI: Giucas Casella è ritornato, dopo qualche anno, dopo un silenzio dovuto all'intervento della Società Italiana di Ipnosi, a spacciare il suo spettacolo spazzatura per ipnosi.

Ecco cosa vende il mago sul sito ufficiale: Giucas Casella. Ed anche la RAI contribuisce ad alimentare la credenza sui suoi poteri: RAI Uno.

23 gennaio 2006

The Moral Sense Test (MST)

Niente cattura l'attenzione umana più di un dilemma.

The Moral Sense Test è uno studio web-based della natura del giudizio morale umano. Come gli essere umani decidono cosa è giusto o sbagliato? Per rispondere a queste domande, il Cognitive Evolution Laboratory dell'Università di Harvard ha progettato una serie di dilemmi e li ha messi in rete, con la speranza di comprendere differenze e somiglianze nei giudizi morali di persone di differenti età, culture, educazione, convizioni religiose, occupazioni e circostanze della vita. Partecipare allo studio è facile, veloce e completamente confidenziale.

Link: The Moral Sense Test
(Segnalato ieri da Armando Massarenti - Filosofia Minima - sul Domenicale del Sole24Ore)

22 gennaio 2006

Empatia e vendetta: differenze fra uomo e donna

Da uno studio su Nature - che ho segnalato qualche il 18 gennaio – è risultato che, assistere a una lieve tortura inflitta a una persona che è stata corretta con noi, provoca, sia negli uomini che nelle donne, l’attivazione delle aree cerebrali del dolore (corteccia fronto-insulare e corteccia anteriore cingolata), come se i partecipanti provassero in prima persona il dolore provato dalla persona osservata.
Invece, assistere a una lieve tortura inflitta a una persona che è stata scorretta con noi, provoca reazioni differenti negli uomini e nelle donne. Mentre le donne continuavano a essere empatiche e a compartecipare al dolore della persona osservata, gli uomini mostrano l’attivazione delle aree cerebrali di ricompensa, piacere, soddisfazione (il nucleus accumbens, ad esempio) ovvero le stesse aree accese dal cibo e dalle droghe.
Questa differenza nel pattern di attivazione cerebrale, se confermata, potrebbe indicare che l’uomo ha evolutivamente assunto un ruolo predominante nel mantenere la giustizia e stabilire punizioni per chi è scorretto nei confronti della comunità.

Fonte: Nature

20 gennaio 2006

Violenza virtuale e violenza reale: i videogiochi violenti

Il professor Bruce Bartholow, dell'Università del Missouri, interessato al campo della desensibilizzazione emozionale, ha pubblicato uno studio sul Journal of Experimental Social Psychology in cui dimostra che la violenza simulata nei videogiochi ha un effetto "anestetizzante" nei confronti della percezione di violenza reale vista in fotografia o inflitta a un avversario virtuale.
Contrariamente a quanto si vuole far credere nei media, questo esperimento non prova affatto, però, che vi siano connessioni fra l'intrattenimento violento virtuale (violent entertainment) e il comportamento violento. Come afferma il professor Jonathan Freedman, dell'Università di Toronto: "I giochi che fate e la televisione che guardate non faranno di voi o dei vostri amici dei sociopatici (...) Tutto ciò che realmente abbiamo è una desensibilizzazione alle immagini. Non c'è modo di dimostrare che questo sia in relazione all'aggressività nella vita reale."

19 gennaio 2006

Medical Humanities: Narrative Medicine (Medicina narrativa)

Patient-centered care, Medical humanities, Narrative medicine.

Tratto e liberamente adattato da: Rita Charon, MD, PhD, Professor of Clinical Medicine and Director, Program in Narrative Medicine, Columbia University, New York, NY.

Alcuni studenti di medicina in Israele e una richiesta insolita: “Pensate a un paziente che vi abbia toccato emotivamente, che abbia evocato in voi tristezza, attaccamento, disperazione o amore. Scrivete una descrizione di ciò che è successo l’ultima volta che avete visto il paziente e siate preparati a leggere ad alta voce tutto ciò che avete scritto”. Al gruppo vennero dati 5 minuti per scrivere un paragrafo, una poesia o un dialogo con il paziente scelto.
Uno studente scrisse di un’anziana signora con una forma intrattabile di cancro gastrointestinale diagnosticato di recente. La signora era sola, la famiglia persa durante l’Olocausto e senza figli. Tre furono le sue richieste allo studente in medicina: “Siedi con me”, “Portami a fare una passeggiata all’aria aperta” e, infine, la richiesta più difficile, “Ascolta la mia autobiografia”. Lo studente esaudì le richieste.
Questa fu una richiesta molto particolare. Ma prendersi cura del corpo malato di una persona significa anche entrare in contatto intimo con l’intera persona, con le speranze, le paure, le forze e i sogni. Diagnosticare l’asma, il cancro, la demenza o l’alcolismo; accompagnare il paziente attraverso il miglioramento o il declino del corpo; tutto ciò significa accompagnare l’individuo e tutto ciò che tale individuo è nell’intimo di sé. Per questo è importante che il medico abbia l’opportunità di sviluppare la capacità narrativa di ascoltare le storie del paziente.
La “medicina narrativa” inizia negli sforzi verso la “patient-centered care” e le “medical humanities”. Il medico con competenze narrative diventa un testimone, non un giudice; un accompagnatore, non uno che interroga; un alleato e uno che porta cattive notizie.

Fonte: The Lancet.

18 gennaio 2006

Neuroscienze: Empatia e legami personali

I processi neurali dell’empatia sono una materia di grande interesse per le neuroscienze sociali. Tuttavia, da un punto di vista neuroscientifico, si sa ben poco su come le risposte empatiche sono modulate dai legami personali. Uno studio su Nature mostra che le risposte empatiche sono modulate dalle preferenze apprese, dalla bontà e dalla correttezza percepite nel comportamento sociale dell’altro.
Questi studi sono importanti per comprendere come funziona il cervello, ma di certo sono troppo “riduttivi” per poter favorire un ampliamento della conoscenza psicologica della natura umana.

Fonte: Nature

17 gennaio 2006

Vita di coppia: Accendere la televisione spegne la passione.

Erotismo, Sesso, Sessualità.
Secondo una ricerca recente, le coppie che hanno un televisore in camera hanno una vita sessuale “dimezzata”: 4 volte al mese, in media, rispetto alle 8 volte (2 a settimana) di chi la televisione in camera non ce l’ha. Per le coppie oltre i cinquant’anni, le media è 1.5 volte al mese (gruppo “con televisione”) contro le 7 volte del gruppo “senza televisione”. E’ segnalato anche che certi programmi sono peggiori di altri per la passione, ad esempio i film violenti e i reality shows. Lo studio è stato condotto su 523 coppie italiane.
Questo studio non ci dice che la televisione è la causa della mancanza di passione, ma conferma che guardare la televisione in camera è uno dei modi per tenerla spenta. Chi coltiva l’erotismo e la passione pone attenzione anche a questi aspetti.

Reuters: Tv and Sex Life.

15 gennaio 2006

Interiormente, Blog sulle MICI, Malattie infiammatorie croniche dell'intestino

Il blog Interiormente è nato per dare a chi soffre di Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino (Colite Ulcerosa e Morbo di Crohn) la possibilità di raccontare la propria esperienza e di confrontarla. Uno dei motivi di sofferenza psicologica di chi soffre di queste malattie è il vissuto di solitudine, dovuto sia alla difficoltà personale di comunicare la malattia sia alla difficoltà di comprenderla che mostra chi non ne soffre. “Interiormente” si propone di superare questa limitazione, dando a chi voglia partecipare uno spazio pubblico di comunicazione collaborativa.

Link: Interiormente.

12 gennaio 2006

Depressione: i pazienti depressi chiedono di più dalla terapia

Come definire la remissione della depressione? La prospettiva del paziente.

Piuttosto che essere soltanto sollevati dai sintomi negativi, i pazienti in trattamento per depressione sperano di guadagnare ottimismo, autostima e un ritorno a un funzionamento normale. Sono questi i risultati identificati come successo della terapia, secondo uno studio di questo mese dell’American Journal of Psychiatry.
Medici e psichiatri troppo spesso considerano soltanto la diminuzioni o la remissione dei sintomi come misura del cambiamento e obiettivo primario della terapia. Lo studio invece dimostra che i pazienti considerano la remissione dei sintomi soltanto come uno dei fattori che definiscono la guarigione; e che la presenza di ottimismo, vigore, autostima e altre caratteristiche mentali positive è un indicatore migliore di guarigione rispetto all’assenza dei sintomi della depressione.

Fonte: American Journal of Psychiatry, gennaio 2006.

11 gennaio 2006

Percezione del volto e orientamento sessuale

Di tutte le capacità visive dell’uomo, quella che riguarda il riconoscimento dei volti è una delle più sviluppate. Studi condotti con tecniche di visualizzazione cerebrale hanno mostrato il coinvolgimento, oltre che della corteccia visiva, anche dell’amigdala e dell’insula, dove sono elaborate le espressioni facciali, e della corteccia prefrontale. Il riconoscimento appare infatti modulato da molti fattori cognitivi: dalla familiarità, all’attenzione, dalla memoria agli stati emotivi. Inoltre, la comunicazione sociale richiede un’accurata “lettura facciale” delle intenzioni dell’altro individuo, soprattutto quando può essere in vista l’identificazione di un possibile partner sessuale.

Secondo uno studio recente, nonostante la maggioranza dei circuiti cerebrali sia attivata sempre in modo uguale, il genere della persona osservata determina una differenza nelle reazioni in due aree cerebrali specifiche: il talamo e la corteccia orbitofrontale, collegata alle proprie preferenze sessuali. In quelle aree, donne eterosessuali e uomini omosessuali esibiscono una più marcata reattività all’osservazione di visi maschili, mentre lo stesso effetto è provocato da facce femminili negli uomini eterosessuali e nelle donne omosessuali.

Articolo in inglese: Current Biology (via Le Scienze)

10 gennaio 2006

Emicrania, Cefalea: aspetti psicologici e psicoterapia

Psicologia, Psicoterapia, Mal di testa, Cefalea, Emicrania

Il mal di testa nell’infanzia e nell’adolescenza è dovuto spesso a fattori psicolologici. L’emicrania, ad esempio, può essere associata alla cefalea materna, ai sintomi d’ansia nell’infanzia, ai disordini d’ansia dell’adolescenza e nella giovane età adulta, e ai tratti della personalità reattiva agli stress intorno alla maggiore età (J Neurol Neurosurg Psychiatry 2002).

In età adulta, l’esposizione ad uno stress o un sonno irregolare vengono spesso considerati dei fattori in grado di scatenare una cefalea tensiva ed un’emicrania. In uno studio prospettico, eseguito cioè osservando i pazienti emicranici e con cefalea tensiva nel tempo, presentato Congresso Mondiale delle Cefalee di New York, si è visto che lo stress può influenzare lo scatenamento di un attacco, sia se verifica immediatamente prima che se si è verificato nei 2-3 giorni precedenti. Un sonno alterato, sia il poco sonno che il troppo sonno, si associa allo scatenamento di una cefalea sia se disturbato la notte precedente, ma più spesso se il sonno è stato disturbato 2-3 giorni prima dell’attacco. Una igiene del sonno e il controllo dello stress aiutano a ridurre la frequenza della cefalea.
Nelle forme croniche di cefalea di tipo tensivo può essere essenziale il ricorso anche alla psicoterapia. Le tecniche di rilassamento (ad es. ipnosi) trovano indicazione nelle forme associate a contrattura dei muscoli pericranici.

Per quanto riguarda l’emicrania il ricorso allo psicologo può essere l’approccio migliore nei singoli casi in cui sia importante migliorare le risposte di adattamento alle situzioni di stress o in caso di disturbo psichico concomitante. E’ noto che particolari stati emotivi possono essere un fattore scatenante l’attacco emicranico in molti pazienti che perseverano in sentimenti di disperazione e autosvalutazione. L’ansia e lo stress sono fattori aggravanti in un attacco emicranico in evoluzione.
E’ stata documentata l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale nell’aiutare il paziente ad identificare e modificare risposte comportamentali errate che possono scatenare o aggravare un attacco emicranico. Anche le terapia ipnotica è utile nel controllo delle risposte comportamentali e svolge un ruolo importante nel apprendimento del rilassamento e nella gestione di ansia e stress.

09 gennaio 2006

Dissociazione

Cosa significa dissociazione nel linguaggio psicologico?

In psicopatologia significa discordanza o scissione. In senso generale va intesa come lo scollamento tra entità psichiche, le quali “normalmente” sono collegate, in modo da dare al soggetto o a chi lo ascolta o lo osserva l’impressione della continuità, della congruenza, della comprensibilità e della ragionevolezza dei comportamenti che ne derivano.
Lo scollegamento può riguardare:
  • Il corso delle associazioni
  • Il linguaggio
  • Il contenuto ideativi e la sua risonanza emotivo-affettiva
  • Le sequenze di atti
  • Il contenuto di una preposizione e il modo in cui la si dice
  • Le tendenze pulsionali
  • Le manifestazioni della volontà

Ad esempio, il contenuto di una idea può essere espresso in modo discordante (un tema persecutorio può essere espresso con euforia fatua e senza che il comportamento del soggetto sia coerente con il tema).

Nella schizofrenia la dissociazione è intesa come la mancanza di coesione, di concordanza, di coerenza tra le varie funzioni mentali. Essa colpisce il soggetto nella capacità di autodominio, di autoconduzione teleonomica (finalizzata) delle proprie funzioni mentali.

Per la psicoanalisi la scissione delle funzioni psichiche è la conseguenza della scissione dell’io, che contemporaneamente opera una scissione dei significati delle persone o degli oggetti con cui è in relazione.
Ad esempio, una persona adulta e “normale” si abitua, con atteggiamenti realistici, a discriminare, a correlare e a tollerare nelle persone, nelle cose e in molti avvenimenti, la parte buona, piacevole e attraente, dalla parte cattiva. Per la persona psicotica (come per il bambino molto piccolo) tutto è irrimediabilmente o totalmente buono, attraente in maniera idealizzata e sproporzionata, o totalmente cattivo e repellente.

Per sapere cosa significa il termine dissociazione in ipnosi, cliccate sul link: Dissociazione ipnotica.

08 gennaio 2006

Neuroetica: Michael Gazzaniga, The Ethical Brain

Etica, Neuroetica, Neuroscienze, Psicologia.

Michael Gazzaniga è uno dei più famosi neuropsicologi statunitensi. I suoi studi sul cervello diviso (split brain) e sulle implicazioni psicologiche della lateralizzazione emisferica cerebrale sono entrati di diritto nella storia delle neuroscienze.
Dopo queste ricerche non ha prodotto lavori originali e sul piano teorico i suoi modelli possono essere considerati ora troppo meccanicistici. Tuttavia ha svolto un lavoro importantissimo per promuovere accademicamente e divulgare le neuroscienze.
Infine, si è battuto contro l’ultraconservatore Leon Kass (da poco sostituito dal cattolico integralista Pellegrino), all’interno del Council on Bioethics della Presidenza degli Stati Uniti, nel dibattito sullo statuto morale dell’embrione e in merito ai temi emergenti della neuroetica.
Il suo ultimo libro espone in maniera molto chiara un punto di vista che cerca di integrare la riflessione sulle questioni morali concrete (inizio e fine della vita; possibilità di intervenire sui geni o sul cervello per migliorare le prestazioni cognitive; impatto delle nuove conoscenze neuroscientifiche sulla definizione della responsabilità personale di fronte alla legge) con questioni di ampia portata filosofica che riguardano le basi neurobiologiche delle credenze religiose e morali.

Questo libro può essere un risorsa in più per un dibattito importante, in cui dialogano le neuroscienze, la psicologia e la filosofia, ognuna con il proprio fondamentale e imprescindibile punto di vista.

Link: Dana Press.

07 gennaio 2006

P11: la molecola della depressione

P11 è la molecola che costituisce l'anello mancante a lungo cercato per capire le basi molecolari della depressione e, molto probabilmente, la base d'azione di alcuni dei farmaci più usati contro questa malattia.
L'ha individuata, alla Rockefeller University di New York, il Nobel del 2000 per la Medicina Paul Greengard e la scoperta è stata annunciata dalla rivista Science. La depressione è una malattia psichiatrica ormai da tempo associata alla carenza del neurotrasmettitore serotonina, una semplicissima molecola che i neuroni rilasciano per comunicare tra loro. Gli antidepressivi agiscono ripristinando questa corretta comunicazione, ma fino ad oggi con meccanismi che rimanevano per lo più ignoti a medici e ricercatori.

Fonte: Repubblica

Primo blog di psicologia in Italia (a pari merito)

Curiosità sul blog

La mia amica Giulietta De Santis, curatrice di Psicocafè, mi ha fatto notare che siamo i primi e gli unici blog di psicologia in Italia, con notizie di psicologia costantemente aggiornate.
Vogliamo un premio ;-)

Enough Sleep, Progetto europeo di ricerca sul Sonno

"Enough Sleep", studio finanziato dall'Unione Europea che vede coinvolti sette centri di ricerca europei coordinati dall'Università di Helsinki. Con una varietà di approcci e tecniche sperimentali, i ricercatori studieranno i meccanismi di regolazione del sonno e le loro alterazioni patologiche.

Il sonno rimane uno dei grandi misteri della fisiologia: le domande aperte riguardano in primo luogo la sua funzione, ma anche i meccanismi che lo regolano e i fattori che possono alterarne il ritmo. Quello che è certo è che il sonno regolare è fondamentale per il benessere fisico.

Nel progetto sono coinvolti anche due gruppi italiani, quello dell'Università di Milano diretto da Marcello Massimini e quello dell’Università di Verona, diretto da Marina Bentivogli, con il compito di studiare gli aspetti psichiatrici del sonno e della privazione di sonno, con particolare attenzione alla depressione. Avranno a disposizione uno strumento innovativo – un elettroencefalogramma (EEG) di straordinaria risoluzione con un dispositivo di stimolazione cerebrale – che consente di monitorare come una stimolazione elettrica si propaga nel cervello durante le diverse fasi del sonno e della veglia.

Fonte: Galileo

06 gennaio 2006

Antidepressivi nel liquido amniotico

Depressione, Gravidanza, Antidepressivi.

Uno studio dell’America Journal oh Psychiatry riporta nuovi dati sulla concentrazione di antidepressivi nel liquido amniotico, durante il trattamento per la depressione di donne in gravidanza. I risultati dimostrano che gli antidepressivi arrivano al feto di più di quanto considerato in precedenza.

05 gennaio 2006

Salute mentale di figli che assistono a un abuso della madre

I bambini che assistono a un abuso fisico della propria madre possono soffrire di problemi emotivi e comportamentali. Essere testimoni di violenza a casa può avere serie conseguenze nella salute mentale e nella capacità di “funzionare” adeguatamente nella vita quotidiana.
Lo studio è stato condotto su 2020 famiglie negli Stati Uniti. Le madri che riferivano di essere state gravemente abusate dal partner – picchiate, soffocate, minacciate con un’arma – riportavano problemi comportamentali nei loro figli da 4 a 14 anni. Di certo, i più alti tassi di depressione, ansia e aggressività nei figli erano collegati al fatto che le stesse madri abusate erano più frequentemente aggressive verso i figli e infliggevano punizioni fisiche. Tuttavia, lo studio dimostra che vi è un effetto dovuto all’essere stati testimoni dell’abuso.

Fonte: Pediatrics, gennaio 2006.

04 gennaio 2006

Sindrome del mangiatore notturno e obesità

Abbuffate notturne, Obesità, Stress, Depressione.

Svegliarsi ogni notte e sentire un incontenibile impulso a mangiare è un problema che riguarda l’1,5 per cento della popolazione. La percentuale sale decisamente se si considera soltanto quella parte della popolazione notevoli problemi di peso: questo problema affligge infatti l’8,9 per cento degli obesi. A sua volta, l’abitudine alle abbuffate notturne pone le premesse per gravi problemi di linea: il 57,1% delle persone con la sindrome del mangiatore notturno è obeso.

L’aspetto più interessante della ricerca è come questo comportamento sia fortemente legato a situazioni di forte stress o a uno stato di depressione, manifesta o, più spesso, latente. In questi casi è inoltre molto superiore il rischio di ricorrere a sostanze d’abuso, in particolare alcol: il problema interessa infatti il 30,6 per cento dei mangiatori notturni.

Chi soffre di questo disturbo farebbe bene a considerarlo un campanello d’allarme per il proprio benessere psicologico. Per converso, gli psichiatri dovrebbero prestare attenzione a questa possibile complicazione nella terapia dei pazienti depressi, perché un forte incremento di peso, incidendo sull’immagine di sé che ha il paziente, può ostacolare il superamento della malattia.

Fonte: Università della Pennsylvania

Un parto difficile e il rischio di anoressia o bulimia

Complicazioni nel corso di una gravidanza, Anoressia, Bulimia.

Alcune specifiche complicazioni nel corso della gravidanza, durante il parto o immediatamente dopo espongono il neonato al rischio di sviluppare nel corso degli anni una anoressia nervosa. Anemia, diabete mellito, problemi cardiaci neonatali, uno stato di ipotermia e una scarsa reattività agli stimoli, appaiono associati a una maggiore incidenza dell'anoressia. Situazioni di infarto placentare, di difficoltà di alimentazione, di peso ridotto alla nascita e un parto molto veloce sembrano invece aumentare la predisposizione a sviluppare il disturbo bulimico.

Le ipotesi relative al meccanismo d'azione attraverso cui le complicazioni ostetriche potrebbero favorire i disturbi dell'alimentazione: in primo luogo legato a eventuali danni dovuti a una situazione di ipossia (carenza di ossigeno) a carico dei centri cerebrali, ancora in sviluppo, destinati al controllo della fame; in secondo luogo situazioni di alimentazione squilibrata nel corso della gravidanza e nel periodo neonatale.

Fonte: Archives of General Psychiatry, studio condotto da Angela Favaro, dell'Università di Padova, che ha seguito le vicende di oltre seicento persone nate nella clinica universitaria di quella città fra il gennaio 1971 e il dicembre 1979.

03 gennaio 2006

Efficacia dei farmaci antidepressivi

Depressione, Antidepressivi, Psicoterapia.

Secondo uno studio molto importante, pubblicato dall’American Journal of Psychiatry, gli antidepressivi NON aiutano in modo significativo il 70% delle persone che soffrono di depressione.
Sono i primi risultati di un progetto, durato sei anni e costato 35 milioni di dollari, che ha testato l’efficacia degli antidepressivi in modo più rigoroso rispetto agli studi delle case farmaceutiche.

Le case farmaceutiche studiano i miglioramenti a breve termine di persone la cui depressione non è cronica o non presenta complicazioni. Lo studio qui riportato, invece, si è concentrato sulla remissione completa di persone che hanno esperito una media di 6 episodi di depressione maggiore.I ricercatori hanno rilevato che solo il 30% circa dei 2876 depressi cronici in monitoraggio ha raggiunto la piena remissione dei sintomi dopo 14 settimane di assunzione di Citalopram (SSRI). Un altro 10, 15% dei pazienti ha sperimentato qualche miglioramento, ma tutti gli altri, più del 50% dei pazienti, non ha visto alcun miglioramento. In ogni caso il tasso di successo coincide con il tasso indicato dalle case farmaceutiche che tipicamente oscilla dal 25 al 40%.

Come aiutare quel 70% dei pazienti per i quali il trattamento antidepressivo farmacologico non è sufficiente a raggiungere la guarigione? La terapia psicologica - psicoterapia rientra in questo senso fra le scelte di elezione.

Fonte: Psicocafé, blog curato da Giulietta De Santis.

02 gennaio 2006

Il Rischio di Suicidio e i Farmaci anti-depressivi

Depressione, Anti-depressivi, Suicidio.

Dopo l’avviso del 2004 della Food and Drug Administration (FDA), che sottolineava come il comportamento suicidarlo aumentasse con il trattamento con i nuovi farmaci antidepressivi, continuano ad alternarsi gli studi per confermare o confutare che le tendenze al suicidio del paziente depresso aumentano con gli antidepressivi di nuova generazione.

Secondo lo studio dei ricercatori del Group Health Cooperative, pubblicato dall’American Journal of Psychiatry, il rischio di un tentato suicidio o di una morte per suicidio diminuisce nelle settimane successive all’assunzione del farmaco antidepressivo e il comportamento suicidario è minore rispetto ai vecchi farmaci.
I ricercatori sottolineano, comunque, che l’assunzione del farmaco deve essere accompagnata da una attenta relazione da parte di chi prescrive il farmaco e che può esservi un sottogruppo di persone che, una volta assunto il farmaco, diventano più inquiete e attive e che quindi dovrebbero rivolgersi a uno psicologo.

Io credo che una relazione terapeutica sia indispensabile per cambiare veramente il tono di fondo del proprio umore e il proprio stile nell’affrontare le relazioni e le “cose” della vita.

Fonte: Group Health Cooperative.

30 dicembre 2005

Stress e Resilienza: implicazioni per Depressione e Ansia

Depressione, Ansia, Stress, Resilienza.

L’impatto fisico e psicologico dello stress e della conseguente risposta dell’individuo che fallisce nell’adattarsi o nel mostrare resilienza.
Lo stress può essere definito come la conseguenza di una sfida emotiva, fisica o chimica (stressor) che richiede all’organismo di adattarsi o di sopportare un blocco una tensione fisica o mentale. Se lo stress è il risultato di un fallimento nell’adattarsi a una sfida (stressor), allora esso può essere una causa di malattia. Studi hanno indicato che lo stress può provocare cambiamenti a lungo termine in molti sistemi neurochimici.
La resilienza è la capacità di riprendersi da uno stress. Da un punto di vista genetico, la resilienza è definita come la qualità che previene gli individui che sono a rischio genetico di cattivo adattamento e psicopatologia dall’essere colpiti da tali problemi.
La vulnerabilità allo stress e la resilienza individuale sono fattori complessi che influiscono sul decorso di depressione e ansia.

Fonte: Medscape Psychiatry & Mental Health

29 dicembre 2005

Psicoterapia Psicodinamica dei Disturbi dell’Umore

Psicoterapia, Depressione, Ansia, Umore.

E’ assodato che la psicoterapia cognitivo-comportamentale è efficace nella depressione. Ma quanto efficace è una psicoterapia psicodinamica per depressione e ansia? E quali pazienti possono trarne beneficio?
Secondo uno studio recente la psicoterapia dinamica è utile nel trattamento della depressione, ma non più delle altre psicoterapie. Per depressioni gravi, la psicoterapia combinata con la farmacoterapia sembra essere indicata. Da un’altra prospettiva, pazienti che già assumono farmaci quando si impegnano in una terapia psicodinamica a lungo termine migliorano più lentamente. Il miglioramento è più lento anche nei casi di pazienti con disturbi di personalità associati. Si può affermare, quindi, che essere in cura farmacologica e avere un disturbo di personalità sono segni di relativa resistenza al trattamento.

Fonte: Medscape

28 dicembre 2005

Harry Potter protegge i bambini dalle ferite

I traumi fisici nell’infanzia sono un fattore significativo di mortalità e morbilità. Esiste una variabilità stagionale nell’incidenza delle ferite, che aumentano durante i periodi con le giornate più lunghe, il tempo caldo e le vacanze scolastiche.
Ebbene, secondo un studio pubblicato dal British Medical Journal, sembra che le uscite dei libri di Harry Potter riducano l’incidenza di ferite traumatiche nei bambini. Molto meglio del Wrestling, sicuramente.
Gli scrittori di talento dovrebbero scrivere libri di qualità con il proposito di prevenire le ferite dei bambini!
Chissà che la R.O.S.P.A. (Royal Society for the Prevention of Accidents) e il C.A.P. (Child Accident Prevention) non lo prendano in considerazione.

26 dicembre 2005

Comunicare con genitori di bambini prematuri

Pediatria, Gravidanza, Parto.

Secondo uno studio del Journal of Perinatology, condotto su genitori di bambini prematuri, nonostante il ruolo del pediatra neonatologo nell’educazione parentale sia importante, i genitori identificano le infermiere come la fonte primaria di informazione.

Fonte: Journal of Perinatology.

23 dicembre 2005

Ipnosi: definizione dell'American Psychological Association

Ipnosi, Ipnoterapia
(adattata dalla definizione di Ipnosi dell’AMERICAN PSYCHOLOGICAL ASSOCIATION - Division 30 - Psychological Hypnosis)

  • L’Ipnosi e’ una procedura durante la quale un medico o uno psicologo suggerisce che il paziente faccia esperienza di cambiamenti nelle sensazioni, percezioni, pensieri o comportamenti;
  • tali cambiamenti vengono usati dal sanitario nel trattamento psicoterapico per problemi psichici, oltre che nel trattamento del dolore e di molti problemi psicologici che emergono in campo medico e odontoiatrico;
  • il contesto ipnotico e’ generalmente stabilito mediante una procedura di induzione che puo’ essere fatta con tecniche dirette ("convenzionali" o comunque esplicitate) o indirette ("conversazionali" e di utilizzazione);
  • le persone rispondono all’Ipnosi in modi diversi. Alcune persone sono altamente responsive nei confronti delle suggestioni ipnotiche e altre sono meno responsive.
    La responsivita’ influisce sulla profondita’ della trance raggiunta dal soggetto ma non inficia un lavoro psicoterapico svolto con il modello ipnotico;
  • le persone che sono state ipnotizzate NON perdono il controllo sul loro comportamento.

In aggiunta al suo uso clinico la trance ipnotica viene usata nella ricerca con l’obiettivo di conoscere meglio la natura dell’Ipnosi di per sè, cosi’ come il suo impatto sulle sensazioni, percezioni, apprendimento, memoria e fisiologia.

21 dicembre 2005

Neuroscienze cognitive: la memoria emotiva

Memoria, Emozioni

Gli eventi emotivi hanno spesso uno stato privilegiato nella memoria. I neuroscienziati cognitivi hanno iniziato a chiarire i meccanismi psicologici e neurali alla base dei vantaggi ritentivi dovuti alle emozioni. L’amigdala è la struttura cerebrale che media direttamente gli aspetti dell’apprendimento emotivo e facilita le operazioni della memoria in altre regioni, inclusi l’ippocampo e la corteccia prefrontale. Le interazioni fra emozioni e memoria avvengono in vari stadi del processamento dell’informazione, dalla codifica iniziale e dal consolidamento delle tracce mnestiche fino al recupero a lungo termine.
Recenti sviluppi consentono nuove insights riguardo la riattivazione di associazioni emotive latenti e il richiamo di episodi personali del nostro passato.

Fonte: Nature Neuroscience

La paura inconscia influenza la consapevolezza emotiva di facce e voci

Paura, Coscienza, Processi inconsci

Il riconoscimento inconscio di espressioni facciali dimostra che due emozioni possano essere presenti insieme nel cervello, attraverso l’interazione di stimoli percepiti consciamente e inconsciamente.
E’ il risultato di uno studio condotto con un paziente con emianopsia e visione inconscia residua, attraverso la presentazione simultanea di espressioni facciali nel campo visivo intatto e nel campo visivo cieco e la misurazione del riconoscimento tramite attivazione del giro fusiforme, nell’amigdala e nel pulvinar (ad esempio, la congruenza emotiva tra stimoli visivi e uditivi aumenta l’attività dell’amigdala).
Lo studio dimostra che il riconoscimento della paura è prioritario e indipendente dalla consapevolezza. Ancor più importante, la paura inconscia dovuta al riconoscimento inconscio di un’espressione minacciosa rimane forte anche in concomitanza di espressioni facciali amichevoli o di una voce emotivamente amichevole della quale la persona sia consapevole.
Lo studio di come due emozioni possono essere insieme nel cervello, secondo me, può contribuire alla spiegazione del fenomeno della compresenza tipico dell'ipnosi.

Fonte: Proceedings of the National Academy of Sciences

15 dicembre 2005

Neuroscienze: il Fattore del Dolore Cronico

Dolore cronico, Diagnosi e terapia

La lesione dei nervi periferici attiva le cellule del midollo spinale chiamate microglia. Ma come fanno tali cellule a causare il dolore cronico che ne consegue? Sembra che esse rilascino una piccola proteina che interrompe la normale inibizione del segnale “dolore”.

Si chiama Fattore Neurotrofico Derivato del Cervello (BDNF). La scoperta potrebbe rappresentare un punto di svolta per diagnosi e cure dell'allodinia, percezione di un dolore dovuto a uno stimolo di per sè non doloroso.

Di norma sentiamo dolore in seguito a stimoli precisi sul nostro corpo. Gli stimoli dolorosi sono trasferiti da nervi periferici a nervi del midollo spinale che a loro volta li trasmettono al cervello, nei centri del dolore. Ma nei pazienti questa trasmissione è alterata, per cui ai centri del dolore arriva 'notizia' di stimoli che di per sè non sono affatto dolorosi. In questa alterazione intervengono cellule del sistema nervoso diverse dai neuroni, quelle che compongono la microglia. Ma i ricercatori finora non conoscevano i passaggi di questa trasmissione aberrante.

Il dolore cronico ha elevati costi sanitari e sociali e mancano tecniche diagnostiche precise, ciò che di fatto rende impossibile classificare il grado di malattia del paziente che lamenta dolore. Ma da oggi si potrà usare come riferimento la presenza di BDNF o altre molecole che si scopriranno coinvolte nella comunicazione tra microglia e nervi spinali. E' un bel passo in avanti.

Fonte: Nature, A Painful Factor

14 dicembre 2005

Fobia sociale e ormone della fiducia

Paura, Fobia sociale, Ossitocina

L’ossitocina, una sostanza chimica presente nel cervello, sembra favorire la fiducia riducendo l’attività e indebolendo le connessioni del centro della paura del cervello, l’amigdala.
I ricercatori hanno scoperto che nei soggetti che osservano immagini minacciose si innesca una forte attivazione dell’amigdala, ma anche che l’ossitocina attenua la comunicazione dell’amigdala con le altre regioni del cervello coinvolte nel meccanismo della paura.

Lo studio contribuisce a delineare il funzionamento neurofisiologico di malattie che coinvolgono la paura sociale, come fobia sociale, autismo ed eventualmente schizofrenia.
Dal mio punto di vista, dato che l’ipnosi agisce sull’amigdala, sarebbe interessante far osservare immagini minacciose a soggetti in trance ipnotica, magari durante suggestioni di fiducia e di protezione.

Fonte: Lindenberg et al., Journal of Neuroscience

06 dicembre 2005

I fibrili dell'Alzheimer in 3D

Demenze, Alzheimer

Un gruppo di ricercatori californiani e svizzeri in collaborazione ha risolto la struttura tridimensionale delle lunghe fibre che si accumulano nel cervello dei pazienti che soffrono del morbo di Alzheimer. La struttura rivela che le proteine che costituiscono i fibrili si legano l'una all'altra in maniera simile alle cerniere lampo.

"Adesso che siamo in grado di comprendere a livello atomico come si formano questi fibrili, - commenta Roland Riek del Salk Institute, principale autore dello studio - potremo sviluppare un test con un biomarcatore per diagnosticare il morbo di Alzheimer ai primi stadi, e magari anche nuovi farmaci per la sua cura".

La risoluzione della struttura dei fibrili potrebbe fornire indizi anche su altri disturbi degenerativi del cervello, come il Parkinson e la malattia di Creutzfeld-Jacob, dove i fibrili si sviluppano in seguito a cambiamenti errati nella forma strutturale delle proteine cerebrali.

Fonte: Proceedings of the National Academy of Sciences

05 dicembre 2005

Disturbi dell'Alimentazione, Condotte compensatorie

Le condotte di eliminazione (purging) - in particolare il vomito indotto -possono far parte di un disturbo separato rispetto alla bulimia, secondo una ricerca pubblicata nell’ International Journal of Eating Disorders.

Le pazienti con tale disturbo vomitano spesso ma non si abbuffano. Le interviste cliniche standardizzate per l’anoressia e la bulimia possono non individuare queste pazienti, perché esse sono di peso normale e non riportano episodi di abbuffate.
“Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV) – spiega la Dott.ssa Pamela Keel - la bulimia è caratterizzata dalle abbuffate, mentre le condotte compensatorie rientrano nella categoria del ‘Disturbi dell’alimentazione Non Altrimenti Specificati’. Tuttavia, ricerche recenti suggeriscono che il disturbo da condotte compensatorie possa essere più comune dell’anoressia e della bulimia considerate insieme. Inoltre le condotte compensatorie hanno conseguenza mediche gravi ed è imporante identificare questi pazienti”.
Secondo la ricerca, le donne con condotte compensatorie, sebbene mostrino un grado simile di gravità del disturbo alimentare, una immagine corporea disturbata e un comportamento alimentare rigidamente ristretto, presentano meno impulsività verso il cibo, meno impulsività in generale, meno fame e minore disinibizione alimentare. Non varia il tasso di remissione rispetto alla bulimia.

Fonte: International Journal of Eating Disorders, Novembre 2005

Disturbo maschile dell'erezione, Impotenza

Disturbo dell'erezione, Impotenza

Più della metà (63%) degli uomini che richiedono una terapia per un disturbo dell’erezione hanno uno o più disturbi psicologici associati, secondo uno studio condotto in Grecia dal Dr. Dimitrios Mallis e pubblicato sul Journal of Urology.
I disturbi psicologici più frequenti sono disturbo depressivo (25%), disturbo d’ansia (quasi il 12%), disturbo depressivo ansioso (7%), disturbi di personalità (6%), disturbo psicotico (4%) e il 10% rimanente con “altri disturbi”.
La durata e la gravità del disturbo dell’erezione non sono indici della probabilità di avere anche un disturbo psicologico né della gravità dei sintomi depressivi. Gli uomini che discutono del disturbo con il partner hanno sintomi depressivi meno gravi di chi è single.

Fonte: Journal oh Urology, Novembre 2005

04 dicembre 2005

Il contatto visivo fra neonati e genitori



Negli ultimi tre mesi del loro primo anno di vita, i neonati apprendono un compito estremamente importante per le interazioni sociali. Imparano infatti a seguire la direzione dello sguardo di un adulto, un passo che gli scienziati ritengono fondamentale per la comprensione del linguaggio. I neonati più abili a seguire lo sguardo altrui prima del loro primo compleanno, infatti, sono anche in grado di comprendere un numero quasi doppio di parole una volta raggiunti i 18 mesi di età.

Tre anni fa, i ricercatori Rechele Brooks e Andrew Meltzoff dell'Università di Washington avevano dimostrato che i bambini di 12-18 mesi guardano più facilmente verso un oggetto se un'altra persona si volgeva verso esso con gli occhi aperti anziché con gli occhi chiusi. "I bambini - commenta Brooks - imparano presto a guardare nella direzione in cui guarda un adulto. Non è un compito facile, specialmente in casa, dove ci sono molte distrazioni. Abbiamo scoperto che a nove mesi i bambini cominciano a farlo seguendo il movimento della testa. A dieci-undici mesi, seguono sia la testa che gli occhi. Gli occhi aggiungono un'informazione importante, e i bambini seguono la testa più facilmente se gli occhi sono aperti".

Fonte: http://www.uwnews.org/article.asp?articleID=13382

03 dicembre 2005

Prima cena dei bloggers marchigiani

Leggete il post su Blablog.

29 novembre 2005

Uomini e donne e umorismo

E’ opinione comune che donne e uomini reagiscono in maniera differente alle stesse battute. Da tempo gli studiosi erano alla ricerca di una base neurologica per queste differenze, ma senza successo. Nel 2003, Allan Reiss dell'Università di Stanford aveva scoperto che durante la lettura di una vignetta comica, il centro della ricompensa del cervello si attivava. Ora Reiss e colleghi hanno deciso di scoprire se questa parte del cervello si comportasse in modo differente negli uomini e nelle donne. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences".

In risposta alle vignette divertenti, entrambi i sessi hanno sperimentato un'attività simile nelle regioni del cervello che elaborano il linguaggio e la semantica. Ma le aree che gestiscono processi analitici come la memoria o il pensiero astratto sono risultate più attive nelle donne, suggerendo un approccio più critico verso la vignetta. Anche il sistema della ricompensa si è attivato maggiormente nelle donne, mentre negli uomini si osservava un calo di attività quando risultavano poco soddisfatti dalla gag.

Secondo Reiss, questo potrebbe indicare che gli uomini si attendono che le vignette siano divertenti e rimangono delusi quando le battute non fanno ridere. Le donne, invece, non si aspettano inizialmente di dover ridere, come se pensassero "non è divertente finché non dimostra di esserlo", e pertanto ricavano maggior piacere dalle battute meglio riuscite. Reiss è convinto che apprendere come le donne elaborano gli stimoli emozionali, come l'umorismo, potrebbe aiutare a capire perché esse siano più suscettibili di depressione.

28 novembre 2005

Bambini trascurati e sviluppo cerebrale

I bambini gravemente trascurati durante l’infanzia portano con sé un “fardello” fisiologico negativo per anni, anche dopo essere stati inseriti in un ambiente amorevole. Uno studio delle loro risposte ormonali, apparso nei Proceedings of the National Academy of Sciences e segnalato da Nature, mostra che i loro cervelli sono meno equipaggiati degli altri bambini per ciò che riguarda la fiducia e l’instaurazione di legami sociali

I risultati suggeriscono che l’abbandono nella prima infanzia può avere effetti duraturi, interferendo con lo sviluppo di sistemi cerebrali cruciali nella regolazione degli ormoni. Gli ormoni in questione sono il cosiddetto “ormone della fiducia”, cioè l’ossitocina, il quale favorisce l’instaurarsi dei legami sociali negli umani e il cui rilascio è stimolato, ad esempio, da un abbraccio; e la vasopressina, che aiuta gli animali nel riconoscersi e legarsi.

Ciò non significa che la differenza con gli altri bambini sarà permanente: ogni bambino potrà crescere e sviluppare risposte sociali normali col tempo. Il messaggio, secondo uno degli autori dello studio, è che “i bambini hanno realmente bisogno di essere in famiglia”.

Fonte: Wismer-Fries A., Ziegler T., Kurian J., Jacoris S.& Pollak S. . Proc. Natl Acad. Sci., 102. 17237 - 17240 doi: 10.1073/pnas.0504767102

30 ottobre 2005

L'aborto voluto non aumenta il rischio di depressione

Fra le donne con una gravidanza non desiderata, coloro che portano avanti la gravidanza sono più a rischio di sviluppare, in seguito, una depressione, rispetto a coloro che scelgono l'interruzione tramite l'aborto. Questo studio contraddice la convinzione che interrompere una gravidanza non desiderata aumenti il rischio di depressione, in particolare nelle donne giovani.
Gli autori della ricerca concludono: "Dallo studio emerge anche che, se l'obiettivo è ridurre il rischio di depressione, la ricerca dovrebbe focalizzarsi su come intervenire per migliorare l'accudimento di un bambino non voluto, in particolare in donne giovani.

Fonte: Sarah Schmiege, from the University of Colorado in Boulder, and Nancy Felipe Russo, from Arizona State University in Tempe (28 ottobre 2005).

Stress precoce collegato a successivo declino mentale

Un breve periodo di stress psicologico nell'infanzia può condurre a deficit di apprendimento e di memoria e a un declino nelle abilità cognitive nell'età adulta. Lo studio, condotto finora solo negli animali, è il primo che dimostra che uno stress emotivo precoce può portare a un "cambiamento nella struttura dei neuroni che impediva l'aumento della trasmissione neuronale, come di solito avviene durante il normale processo di apprendimento". Questi deficit nella comunicazione cellulare sono localizzati nell'ippocampo - una regione del cervello coinvolta nell'apprendimento, nell'immagazzinamento e nel richiamo di memorie apprese.

Fonte: Dr. Tallie Z. Baram of the University of California, Irvine, and colleagues, Journal of Neuroscience

18 ottobre 2005

Depressione: effetto duraturo della psicoterapia cognitiva

Ricercatori della Vanderbilt University e della Pennsylvania University hanno condotto uno studio per valutatare se l’effetto della psicoterapia cognitiva fosse duraturo e per confrontare tale effetto con quello prodotto dal trattamento continuativo con il farmaco antidepressivo.

I pazienti che avevano terminato la psicoterapia cognitiva hanno presentato una minore probabilità di ricadute rispetto ai pazienti che avevano sospeso il trattamento farmacologico ( 30% contro il 76%), e nessuna maggiore probabilità a recidivare rispetto ai pazienti che erano rimasti in trattamento continuativo ( 30% contro 47%).

I dati di questo studio hanno indicato che la psicoterapia cognitiva ha un effetto duraturo, che si estende oltre il termine del trattamento, con un’efficacia pari o maggiore rispetto a quella dei pazienti che assumono farmaci antidepressivi.

Fonte: Hollon SD et al, Arch Gen Psychiatry 2005; 62: 417-422

Roberto Blarasin

17 ottobre 2005

Superare la depressione

Due sono le principali forme di trattamento: psicoterapia e farmaci antidepressivi. Sebbene entrambi siano importanti e efficaci, i farmaci, per varie ragioni, tendono a essere più popolari. Tuttavia, l'approccio combinato è quello che la maggior parte degli esperti raccomanda.
I farmaci fanno bene due cose, essenzialmente:
  • aiutano a controllare i sintomi fisici (vegetativi), come sonno e appetito;
  • aiutano ad innalzare un pò il livello dell'umore, in modo che le persone non cadano in una profonda disperazione.

E' bene, tuttavia, essere realistici. Pensare che i farmaci possano essere la sola forma di trattamento sovrastima la loro efficacia e suggerisce che il problema sia interamente nella biologia, e non nelle circostanze. I farmaci possono essere efficaci ma, a prescindere dai possibili effetti collaterali, non possono fornire alle persone:

  • migliori abilità di problem-solving;
  • migliori abilità di affrontare situazioni difficili;
  • più chiare abilità cognitive;
  • positive abilità relazionali;
  • una rete amicale di supporto.

La psicoterapia può insegnare alle persone le abilità necessarie per ridurre e prevenire la depressione. Queste abilità includono:

  • pensare in modo chiaro (come viene insegnato nelle terapie cognitive);
  • comportarsi in modo efficace (come viene insegnato nelle terapie comportamentali);
  • relazionarsi positivamente a se stessi e agli altri (come viene insegnato nelle terapie interpersonali);
  • ridurre la vulnerabilità alle ricadute.

Nonostante buone terapie siano disponibili, la maggior parte delle persone depresse non cerca aiuto. Soffre, invece, in silenzio, combattendo duramente per arrivare al giorno dopo. Cercare l'aiuto di professionisti qualificati con lo scopo di diventare esperti nell'imparare a gestire la propria atmosfera interiore (sentimenti, umore, reazioni) è la strada migliore per superare la depressione.

15 ottobre 2005

Segni e sintomi della depressione

Non esiste un test specifico per la diagnosi della depressione (come le analisi del sangue e le immagini cerebrali). Esistono però diversi segni e sintomi sui quali psicologi e psichiatri generalmente concordano. Un colloquio clinico è considerato ancora il mezzo più affidabile per determinare se una persona è depressa.

Due domande sono particolarmente importanti. La risposta affermativa a una o a entrambe può suggerire che la persona è già depressa o è a rischio di diventarlo:
  1. Ti sei sentito giù, depresso, triste nell'ultimo mese e oltre?
  2. Hai perso interesse o hai smesso di provare piacere nel fare le cose che normalmente ti interessano o ti piacciono?

Se la vostra risposta ad una o a entrambe le domande è "sì", spero che farete l'importante passo di rivolgervi subito ad uno psicologo.

I segni e i sintomi della depressione possono essere raggruppati secondo la dimensione dell'esperienza che colpiscono. Nessun sintomo o gruppo di sintomi definisce la depressione, questo è il motivo per cui l'esperienza della depressione differisce in certa misura da persona a persona. La seguente è una lista generale (non completa) dei sintomi:

Sintomi fisici:

  1. disturbi del sonno
  2. disturbi sessuali
  3. mancanza di energia
  4. disturbi dell'appetito

Sintomi emotivi:

  1. sentirsi tristi la maggior parte del tempo
  2. sentire di non poter essere aiutati
  3. sentire di non avere speranza che le cose migliorino
  4. ansia
  5. perdita della capacità di provare piacere
  6. sensi di colpa inappropriati o eccessivi

Sintomi sociali:

  1. isolamento, ritiro dalle persone e dalle situazioni sociali
  2. perdita di interesse verso attività sociali che prima ci coinvolgevano
  3. irritabilità, frequente tendenza a rispondere male alle persone senza un buon motivo

Sintomi cognitivi:

  1. problemi di concentrazione
  2. problemi di memoria
  3. pensieri di morte e di suicidio
  4. indecisione, ruminazione mentale
  5. pensiero negativo trasversale alle situazioni

Sintomi comportamentali

  1. comportamento di evitamento
  2. comportamento autodistruttivo
  3. abuso di alcol e droga

I sintomi della depressione possono variare da persona a persona. Il punto chiave è comunque come voi vi sentite in relazione alla qualità della vostra vita. Se non siete soddisfatti della vostra vita, forse è (e forse non è) depressione. Ma aspettare che le cose migliorino da sole non è l'opzione migliore. Intraprendere azioni positive è meglio.

11 ottobre 2005

Indice

ADHD:
Autismo:
Coppia (vita di; problemi di):
Coscienza e Processi Inconsci:

Demenze:
Depressione:

Disturbi d'ansia:

Differenze di genere:

Disturbi dell'Alimentazione:

Disturbi sessuali:

Dolore:

Esercizio, Attività fisica:

Etica:

Farmaci:

Fobia sociale:

Gravidanza, Parto:

Ipnosi:

Malattie infiammatorie croniche dell'intestino:

Memoria, Emozioni:

Percezione e Interpretazione:

Psicoanalisi:

Sentimenti:

Sonno, Coscienza , Apprendimento:

Stress:

Sviluppo:

Videogiochi:

Curiosità su questo blog:



Depressione 1. Introduzione

La depressione è uno dei disturbi psicologici più studiati. L'enorme mole di letteratura scientifica riguardo l'evoluzione della depressione ci aiuta a capire come si sviluppa, quanto è comune, come colpisce le persone e cose serve per superarla. Ecco alcune delle cose che siamo arrivati a sapere riguardo la depressione.

La depressione:
  • chiamata anche "depressione maggiore" o "depressione unipolare", NON è la stessa cosa del "disturbo bipolare", chiamato anche "disturbo maniaco-depressivo", anche se entrambi appartenenti ai disturbi dell'umore.
  • è il disturbo dell'umore più comune al mondo.
  • è attualmente la quarta causa di disabilità (dopo problemi cardio-vascolari, cancro e incidenti automobilistici) secondo l'Organizzazione Mondiale per la Salute; le previsioni indicano che nel 2020 sarà la seconda causa di disabilità.
  • NON è dovuta solo a fattori biologici, nonostante la credenza troppo diffusa che sia il risultato di un "cattivo corredo genetico" o di uno "squilibrio chimico" al cervello.
  • è causata da molti fattori, alcuni biologici, altri sociali, altri ancora psicologici; non è causata da un solo fattore o evento.
  • è in aumento in ogni fascia d'età, ma più comunemente nella fascia fra i 25 e i 45 anni.
  • è in aumento più rapido fra bambini e adolescenti.
  • viene trasmessa da genitori depressi ai propri figli in larga parte attraverso il modo di interagire.
  • è contagiosa, non in senso virale, ma in senso sociale; "l'umore" è contagioso.
  • è diagnosticata più spesso nelle donne che negli uomini e in alcune culture più che in altre.
  • è vissuta in modo differente da invididuo a individuo, sebbene vi siano molte caratteristiche comuni (segni e sintomi).
  • è complicata dalla presenza di problemi coesistenti, ad es. l'ansia.
  • risponde positivamente a buone terapie che enfatizzano lo sviluppo attivo di nuove abilità.
  • è più probabile che vi siano ricadute se non adeguatamente trattata.

10 ottobre 2005

L'importanza dei sensi del nostro corpo

L'interpretazione delle azioni e delle aspettative di un'altra persona dipende in larga parte dall'attivazione delle aree motorie del cervello. I sensi del nostro corpo, cioè, sono indispensabili per comprendere le azioni degli altri.

Ciò è emerso molto chiaramente in una ricerca pubblicata sul numero di ottobre della rivista "Nature Neuroscience" da Knoblich e colleghi, i quali hanno potuto effettuare esperimenti grazie alla collaborazione dei due soli individui noti al mondo il cui senso del tatto e dei movimenti corporei è completamente cancellato a causa di una malattia degenerativa (deafferenzazione tattile selettiva e completa dovuta a neuronopatia sensitiva). I due pazienti sono incapaci di percepire il proprio corpo e devono essere in grado di vederlo anche per compiere azioni molto semplici, come stare in piedi. Nelle prove sono stati in grado di stimare il peso degli oggetti presentati ma di non di valutare le aspettative della persona che li sollevava (cioè se la persona osservata si fosse trovata a sollevare un oggetto più o meno pesante del previsto).

08 ottobre 2005

IBD

Ho poco tempo per scrivere oggi, ma posso segnalarvi un post coraggioso su Interiormente. Grazie.

06 ottobre 2005

Coniato un Nuovo Termine: PsicoBlogo

Una curiosità su questo blog.

Cercando "psicoblogo" tramite i maggiori motori di ricerca (come potete vedere nei tre esempi seguenti: Virgilio, Yahoo, Google), risulta che la parola compare solo nei miei blog (Blablog e Psicoblog).

Abbiamo coniato un nuovo termine e quindi mi sento in diritto e in dovere di indicarne il significato. ;-)

Ho iniziato a utilizzare la parola "psicoBlogo" (prima sul Blablog - agosto 2005 - e poi sullo Psicoblog) per distinguere i miei contributi che appaiono sul web dalla mia qualifica professionale di psicologo e per avere una precisa identità sul web. Nella veste di PsicoBlogo pubblico contenuti di psicologia in modo informale. In altri termini, condivido in modo informale i miei interessi psicologici.

Azzardiamo un possibile ampliamento del significato:
(estens.) psicologo che, attraverso il proprio blog, condivida i propri interessi psicologici in modo informale.

Aiutatemi tramite i commenti a definire meglio il termine. Grazie.

Ah, attenzione alla pronuncia: psicòblogo (come psicòlogo). ;-)

Se siete interessati agli altri risultati delle ricerche in data odierna (6 ottobre 2005) cliccate qui: archivio.



05 ottobre 2005

L'innamoramento NON è una nevrosi.

Dialogando con Maurizio Costanzo, Francesco Cossiga dichiara la sua convinzione che "l'innamoramento è una nevrosi". In questi giorni mi è stato chiesto un parere in merito. Ho risposto che NON sono d'accordo. Sono molte le ragioni per le quali non sono d'accordo, ma qui non vorrei parlare delle mie obiezioni, bensì delle obiezioni della comunità scientifica.

Come forse qualcuno di voi sa, la prestigiosa Harvard University assegna ogni anno i prestigiosi premi igNobel (che si pronuncia come "ignoble" ovvero ignobile, disonorevole). Ebbene, nell'albo d'oro degli igNobel, cioè delle peggiori ricerche dell'anno, compare anche un prestigioso psichiatra italiano, Giovanni Cassano, che nel 2000 ricevette il riconoscimento per aver scoperto che, dal punto di vista biochimico, l'innamoramento è identico ai disordini compulsivo-ossessivi. La ricerca si intitola "This Thing They Call Love" (Questa cosa chiamata amore) ed è registrata negli Annali delle Ricerche Improbabili.

Credo di non dover aggiungere altro.

Il board degli IgNobel cura anche un blog molto interessante, in cui potrete trovare le ricerche che prima fanno ridere, poi fanno pensare: Improbable Research.